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martedì 7 gennaio 2014

POLLOCK E GLI IRASCIBILI: TRA AMPLESSO FISICO E LIBERTA’ DI PENSIERO


Dal 24 Settembre 2013 al 16 Febbraio 2014
Palazzo Reale, Milano

Curatori: Carter Foster, Luca Beatrice
Enti promotori: Assessorato alla Cultura del Comune di Milano
Telefono: +39 02 54913/ 02 88453314
E-Mail info: elenamaria.conenna@comune.milano.it

Non mi interessa l’espressionismo astratto… e comunque non si tratta di un’arte senza oggetto, né di un’arte che non rappresenta. Io a volte ho molta capacità di rappresentare, anche se di solito ne ho poca. Ma se tu dipingi il tuo inconscio, le figure devono per forza emergere.” 
Jackson Pollock

Impressioni:
Adolph Gottlieb, The Crest
Rivoluzione artistica, rottura col passato, sperimentazione ed energia. E’ questo ciò che emerge in sintesi dall’esposizione “Pollock e gli Irascibili. La Scuola di New York” a Palazzo Reale (Milano), costituita da 49 capolavori di 18 artisti, dalla fine degli anni Trenta alla metà degli anni Sessanta, provenienti dal Whitney Museum of American Art di New York.

Franz Kline, Mahoning
Gli artisti scelti fanno tutti parte appunto del gruppo degli “Irascibili” – definiti in questo modo sulla scia del celeberrimo episodio di protesta, avvenuta nel 1950, di alcuni pittori per la loro esclusione da una mostra dedicata all’arte contemporanea americana al Metropolitan Museum di New York – che diedero vita a quella che poi fu chiamata “la Scuola di New York”: un fenomeno unico, che caratterizzò lʼAmerica del dopoguerra e che influenzò, con la sua forza travolgente, lʼArte Moderna in tutto il mondo.
Jackson Pollock, Number 27
Guest star della mostra è l’olio su tela Number 27 che Pollock dipinse nel 1950, uno dei suoi quadri più famosi, peraltro di dimensioni straordinarie (124 x 269 cm), in cui l’aspetto fondamentale è l’equilibrio fra le pennellate di nero e la fusione dei colori più chiari. Sempre del carismatico Pollock, sono esposti anche 6 disegni e due oli di Pollock (Number 17 e il sovracitato Number 27), ma, accanto a queste, sono presenti anche alcuni tra i capolavori
William Baziotes, The Beach
più rilevanti della collezione del Whitney, come Mahoning di Franz Kline (1956), Door to the River di Willem de Kooning (1960) e Untitled (Blue, Yellow, Green on Red) (1954) di Mark Rothko. Tecniche di pittura diverse, storie personali diverse, ma con alcuni denominatori comuni, quali la scelta di una pittura complessa e immediata e il fatto che tutti e 18 seppero re-interpretare la tela come uno spazio per la libertà di pensiero e di azione dellʼindividuo.


Mark Rothko, Untitled (Blue, Yellow, Green on Red)  




Jackson Pollock all'opera
Oltre alle opere è possibile vedere i video di Pollock al lavoro e coglierlo proprio nel momento esatto in cui trasferisce se stesso nella sua pittura e nello spazio circoscritto dai suoi gesti, completamente immerso in quella sorta di pittura-danza rituale che è il "drip painting", uno stile di pittura che si diffuse tra gli anni ’40 e ’60 del Novecento in cui il colore viene fatto sgocciolare, lanciato o macchiato sulle tele. Un’arte fisica istintiva e quasi mistica, quella dell’Action Painting, in cui, attraverso la pura gestualità, la forza primitiva dell’arte esce dal corpo dell’artista per poi depositarsi nell’opera creata, in un puro amplesso fisico, anche se, in realtà, quando dipinge, Pollock ha quasi sempre in mente un’immagine che viene poi velata dalle serie di pennellate, diventando così oscura e misterica.

Chiudo con una citazione di Pollock: “Tutti noi siamo influenzati da Freud, mi pare. Io sono stato a lungo junghiano… La pittura è uno stato dell’essere… La pittura è una scoperta del sé. Ogni buon artista dipinge ciò che è.


Gli artisti del gruppo degli “Irrascibili” immortalati per il numero di gennaio 1951 di Life da Nina Leen: Willem de Kooning, Adolph Gottlieb, Ad Reinhardt, Hedda Sterne, Richard Pousette-Dart, William Baziotes, Jackson Pollock, Clyfford Still, Robert Motherwell, Bradley Walker Tomlin, Theodoros Stamos, Jimmy Ernst, Barnett Newman, James Brooks, e Mark Rothko .

domenica 13 maggio 2012

LASHKARS – FOTO DAL PAKISTAN DI MASSIMO BERRUTI




"It is very rare that one experiences so directly, before a photographic work, the feeling of what inspired it and of what from day to day was its purpose. It is especially so as this feeling is completely contrary to what we think – or believe – we know of war photography". Christian Caujolle in "Lashkars" Ed Actes Sud 2011


Mi sono persa in una foto.
In bianco e nero, è talmente essenziale, ma al contempo profonda da arrivare al cuore delle cose.


Non a caso, fa parte di Lashkars La serie di fotografie esposte a Spazio Forma, premiate dalla Fondation Gestion Carmignac dopo una selezione di progetti sull’area del Pashtunista. L’autore è un fotografo romano, classe 1979, Massimo Berrutti, un reporter di frontiera che ha viaggiato molto in Asia, e in particolar modo in Pakistan e Afghanistan, interessandosi ai cambiamenti sociali che stanno interessando la regione.
Dalla condivisione della vita quotidiana con i Laskhars, sono nate queste visioni pure, animate da un movimento interno e ambientate in un rigido inverno, ma anche vere, con una storia intrisa di sofferenza, speranza e attesa.

«Nel mio lavoro non ci sono mezze misure. Investe tutto, anche la sfera privata. È una passione che prosciuga e da cui è impossibile fuggire». Massimo Berrutti

«La fotografia mi affascina per la sua innata capacità di comunicare, è un modo per poter dire qualcosa. Le storie che vado a raccontare hanno quasi sempre un retroscena che io non condivido e che vorrei evidenziare forse anche per suscitare un po' di fastidio, procurare una sorta di orticaria. Per chi fa reportage, la finalità è sempre legata al voler comunicare qualcosa, pur mantenendo uno sguardo imparziale. Vorrei che le mie fotografie parlassero attraverso il loro contenuto, la sostanza. Non voglio indirizzarne la lettura attraverso giochi di atmosfere. Penso che una fotografia non debba essere costruita, quanto piuttosto cercata». Massimo Berrutti

"PELLE" di Erica Zanin

"PELLE" di Erica Zanin
Un romanzo in vendita su www.ilmiolibro.it

"PELLE", il mio primo romanzo che consiglio a tutti!

Siamo nella Milano dei giorni nostri, in quella zona periferica che da Greco conduce a Sesto San Giovanni. In un autobus dell'ATM, un autista, ormai stanco del suo lavoro, deve affrontare una baby gang che spaventa i suoi passeggeri. Si chiama Bruno ed è uno dei tanti laureati insoddisfatti costretti a fare un lavoro diverso da quello da cui ambivano: voleva fare il giornalista e invece guida l'autobus nella periferia di Milano. Ma non gli dispiace e non si lamenta. E' contento lo stesso: è il re del suo autobus e i suoi passeggeri sono solo spunti interessanti per i racconti che scrive. Li osserva dallo specchietto retrovisore, giorno dopo giorno, li vede invecchiare, li vede quando sono appena svegli e quando tornano dal lavoro stanchi morti, e passa il tempo ad immaginarsi la loro vita. Finché nella sua vita irrompe Margherita, con la sua vita sregolata, con i suoi problemi di memoria, con i suoi segreti. E tutto cambia. Fuori e dentro di lui.