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domenica 10 ottobre 2021

Virginie Despentes: il segreto è non esitare.


"Ho fatto l’autostop, sono stata stuprata, ho rifatto l’autostop. Ho scritto un primo romanzo che ho firmato con il mio nome di ragazza, senza immaginare nemmeno per un attimo che quando sarebbe uscito mi sarebbero venuti a fare l’elenco dei limiti da non superare"
Virginie Despentes in King Kong Theory a proposito di Scopami.



Folgorante ed eccessiva, come tutte le sue opere che ho letto, Virginie Despentes è un’autrice francese con una storia e una voce eccezionale. All’anagrafe Virginie Daget, ma meglio conosciuta con appellativi come post-punk, anarco-femminista, transfemminista, sul suo passato si potrebbe scrivere un romanzo: nasce nel 1969 a Nancy in una famiglia della classe operaia, a quindici anni finisce in un istituto psichiatrico, a diciassette, dopo aver abbandonato famiglia e studi, è vittima uno stupro di gruppo, si trasferisce a Lione, studia cinema e inizia a prostituirsi occasionalmente in maniera volontaria. A Parigi diventa una squatter, oltre che commessa in un negozio di dischi, giornalista nei settori musicale e di cinematografia porno.


 

Si è imposta nel mondo editoriale underground punk transfemminista (un mondo di cui, prima di conoscerla, io ignoravo l’esistenza) con alcuni romanzi - tra cui Scopami, su cui ha girato anche un film -.un saggio autobiografico (King Kong Theory), e una trilogia (La trilogia di Parigi).

Le sue, più che essere parole, sono un azzardo fatto di neocapitalismo, di musica punk e rap, di acidi, antidepressivi, cocaina e alcool, in cui non c’è alcuna possibilità di redenzione.




E in Scopami ho trovato proprio un inno alla libertà individuale dove la Despentes ci mostra il mondo dal punto di vista di due donne erranti e dannate, che con urla e spari, alla fine di tutto, riescono finalmente a farsi ascoltare.

martedì 14 aprile 2020

Da Oh, boy! a Mio fratello Simple: l’ironia e leggerezza di Marie-Aude Murail


Titolo: Mio fratello Simple
Autrice: Marie Aude Murail
Traduttrice: Federica Angelini
Editore: Giunti
Collana: Tascabili ragazzi
Categoria: Narrativa
Pagine: 224
Data di pubblicazione: 23/05/2018
ISBN: 9788809867161




Titolo: Oh, boy!
Autrice: Marie Aude Murail
Traduttrice: Federica Angelini
Editore: Giunti
Collana: Waves

Categoria: Narrativa
Pagine: 192
Data di pubblicazione: prima edizione 2006
ISBN: 9788809877405







Adoro i libri per ragazzi, e ancora di più quelli per ragazzoni un po’ troppo cresciuti. Mi ci perdo dentro ora come un tempo, soprattutto quelli di Marie-Aude Murail.
A volte servono, per respirare un po’ di purezza e genuinità e un po’ di sentimenti così ovvi, ma così veri, gli stessi che nei libri “più seri” a volte è difficile trovare.
E d’altronde state parlando con una persona che si è vista 14 volte i Goonies, anche se la quattordicesima volta, lo devo ammettere, è stata un po’ obbligata visto che il 13 porta male.


Per questo in tempi di Covid 19, per prendere una boccata di aria fresca, mi sono buttata sui libri di Marie Aude Murail. Prima su Oh, boy!, poi ancora affamata di storie e sorrisi, su Mio fratello Simple.

Uno stile frizzante, quasi malizioso, che nasconde dietro entrambi i libri temi di interesse sociale come l'abbandono, la depressione, la difficoltà delle adozioni, l'omosessualità. Il tutto affrontato con grande ironia e con una scrittura leggera, andando a costruire un intreccio narrativo complesso ma divertente che non spaventa il lettore ma lo tiene stretto a sé con empatia e risate.


OH BOY!

Tre fratelli, un maschio e due femmine, orfani da poche ore. Sono i Morlevent: Siméon, l’intellettualmente superdotato; Morgane, la prima della classe molto attaccata al fratellino di cui gli adulti si dimenticano sempre; Venise Morlevent, lo zuccherino di 5 anni che tutti vorrebbero avere come figlia, che fa vivere delle torride storie d'amore alle sue Barbie.
Obiettivo: lasciare l'orfanotrofio dove sono stati parcheggiati e trovare una famiglia dove andare a vivere tutti e tre assieme. La soluzione potrebbe trovarsi in un fratellastro gay.


MIO FRATELLO SIMPLE

Simple, un bambinone ritardato mentale di 23 anni anagrafici ma 3 cerebrali, ha un fratello, Kleber, che vorrebbe difenderlo dal mondo ma soprattutto dall'istituto a cui era stato destinato dal padre. Quando i due fratelli trovano una sistemazione in un appartamento di giovani universitari, Simple, sempre accompagnato dal suo coniglio di peluche, il Signor Migliotiglio, diventa il catalizzatore di tutti i sentimenti che muovono i suoi coinquilini.

mercoledì 9 ottobre 2019

I FUNERACCONTI: RIDERE, SORRIDERE E SOGGHIGNARE PERCHE' A MORTE STA NCOPP' A NOCE D'O CUOLLO


Titolo: I Funeracconti
Autore: Benedetta Palmieri
Casa editrice: Feltrinelli
Anno: 2011
Pagine: 144
Genere: Questo non è un libro, questa è una malinconica risata
Prezzo: 14,00 euro


Romanzo no. Raccolta di racconti no. Saggio no.
Inquadrare questo libro mi è risultato veramente difficile e alla fine ho deciso: questo non è un libro, questa è una malinconica risata liberatrice.


Ad essere più precisi è una raccolta di racconti, o meglio, di Funeracconti.
Ma aspettate a indignarvi per il tema trattato. Non è l’ennesimo libro che parla di tragedie più o meno realistiche: qui, con ironia e sarcasmo, viene raccontata la quotidianità vista dal versante più impervio, quello della morte e della paura di morire.


Così, racconto dopo racconto, ci si trova partecipi di un teatrino spassoso fatto di personaggi improbabili che danno vita alla morte, con seduzione, raffinatezza e meraviglia.
La morte di sconosciuti, come nel caso del presenzialista dei funerali, un appassionato di cerimonie funebri che partecipa alle esequie di gente che non conosce, annotando impressioni e suggestioni nel suo "curriculum mortis". Ma anche la morte di familiari vicini, come quella che è toccata a Maria Addolorata, la proprietaria di un’agenzia di pompe funebri con un semplice motto vincente alla base del suo volume di affari straordinario: "A ogni cerimonia il proprio stile". Senza dimenticare la morte dei fiori di appartamento, che per qualcuno, come Guadagno Percetti, può diventare “un interesse discreto, silenzioso e straordinario”. O la morte tout court, come quella celebrata dalla redazione di "Glamourt", da anni tra le sette riviste più eleganti elette da Death Charm, e due volte premio della critica ai Funerary Awards. Senza dimenticare la morte nella solitudine di chi rimane, che Luciana, "dama di condoglianza", cerca di quietare, o la morte come diversivo, come quella rappresentata da FuneraLand, il parco giochi dove ci si diverte da morire grazie a 16 funerali straordinari e 50 ettari di aldilà e dove anche i più piccoli possono prendere dimestichezza con la morte, in allegria e all’aria aperta. E poi, la morte che intossica la vita, come l’effetto che ha la collezione di rarissimi carri funebri di Gaeta’ sulla moglie.



Insomma, mi arrendo: Benedetta Palmieri, hai vinto, sei più pazza di me per sorridere alla morte con seduzione e raffinatezza, nonché una buona dose di scaramanzia e disincanto. Il tutto condito da una velata napoletanità che contribuisce a trasformare momenti tristi in situazioni comiche e teatrali, giocando con paradossi, luoghi comuni e con la meraviglia.

Perché “I morti sono vivi accanto a noi, e morti siamo noi che ancora viviamo; i santi sono più carne e sangue che spirito, e sono uomini morti pure loro, per questo li trattiamo pari a pari.”

lunedì 29 aprile 2019

The road, recensione scomposta

Titolo: The Road
Genere: Drammatico, thriller.
Durata: 111 minuti.
Paese di produzione: Stati Uniti d’America.
Regia: John Hillcoat
Attori principali: Viggo Mortensen, Kodi Smit-McPhee , Charlize Theron, Guy Pearce, Robert Duvall, Molly Parker
Tratto da: romanzo Premio Pulitzeer 2006 "La strada" di Cormac McCarthy (Ed. Einaudi)
Musiche: Warren Ellis, Nick Cave
Data uscita: 28 Maggio 2010




Se n’era andata e quella freddezza era stata il suo ultimo regalo. Morì chissà dove nel buio.Non c’è altra storia da raccontare.




Un mondo post apocalittico, in coma. Zero forme di vita, vegetale ed animale. L’America è una pianura piatta e scheletrita in cui pochi superstiti vagano alla ricerca di cibo nel freddo senza luce di una fitta coltre di fumo.


Un padre (Viggo Mortensen) e suo figlio di circa 8 anni (Kodi Smit-McPhee) seguono la strada verso sud, alla ricerca di un clima più tollerabile, alla ricerca della salvezza, alla ricerca di un mare che non ha più nemmeno il colore del mare.

L’amore smisurato che c’è tra di loro, la mancanza di tutto, la consapevolezza del padre di non poter difendere il proprio figlio per sempre, il tentativo di insegnare al figlio come sopravvivere.




Una pellicola cupa, rigorosa, quasi insostenibile per lo spoglio realismo, che ha messo insieme con ritmo serrato il drammatico, il thriller, ed il post-apocalittico

The Road è un interessantissimo film a volte spietato, altre commovente realizzato nel 2009 dal regista australiano John Hillcoat, tratto con inutile fedeltà dal romanzo di Cormac McCarth La strada, pubblicato nel 2006 e vincitore del Premio Pulitzer nel 2007.

Il film è stato tenuto dal produttore nel cassetto per un anno e dal distributore italiano per altri sei mesi. Entrambi speravano che la crisi sociale, originata da quella economica, finisse, temendo che il tono greve che caratterizzava il film è la filosofia hobbesiana dell’ “homo homini lupus”, che ne era alla base, potesse appesantire il clima da crisi economica. Ma la crisi era appena cominciata, quindi non restava altro da fare...
E forse proprio a ripristinare un barlume di speranza serve la morale familiare religioso/cristiana con cui sembra chiudersi.


In tutto questo, la presenza di una star del calibro di Charlize Theron imposta da Hollywood ha spinto gli sceneggiatori a dare maggiore spazio al personaggio della moglie del protagonista, che nel libro di Mccarthy occupava poche pagine, togliendo equilibrio e conferendo pesantezza alla pellicola.

Spettacolare invece Viggo Mortensen, uno di quegli attori che ha talmente bisogno di immedesimarsi nel suo personaggio che ha deciso di dormire indossando i suoi vestiti quotidiani e di affamarsi in modo terribile, tanto che i commessi di un negozio di Pittsburgh lo hanno via, convinti che fosse un senzatetto.

Altro elemento degno di nota è la colonna sonora minimalista composta da Nick Cave e Warren Ellis, un sapiente miscuglio di suoni sinistri e oscura bellezza, tra violini, piano, suoni elettronici e loop sonori.

Ma questa non è la prima volta di Nick e del suo barbuto collega: lo aveva già fatto nei western "La proposta" e "L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford" e lo rifarà in seguito con Lawless, sempre di John Hillcoat.

Con poche e azzecate soluzioni pianistiche e l'immancabile violino, il duetto australiano è riuscito a ricreare in 17 sezioni strumentali un sottofondo onirico decadente e delicato per il lungometraggio, una finestra per riprendere fiato mentre ci muoviamo stretti tra il nero del mare e il grigio del cielo.

1. "Home" (2:04)
2. "The Road" (3:40)
3. "Storytime" (2:25)
4. "The Cannibals" (2:03)
5. "Water And Ash" (1:31)
6. "The Mother" (2:46)
7. "The Real Thing" (2:32)
8. "Memory" (3:42)
9. "The House" (3:16)
10. "The Far Road" (2:45)
11. "The Church" (1:34)
12. "The Journey" (4:14)
13. "The Cellar" (1:08)
14. "The Bath" (2:31)
15. "The Family" (3:41)
16. "The Beach" (3:45)
17. "The Boy" (3:11)


domenica 11 marzo 2018

Chiamami col tuo nome: tra cavità del cuore, botole del desiderio e buchi del tempo



Titolo: Chiamami col tuo nome
Autore: André Aciman
Traduzione: Valeria Bastia
Pagine: 271
Editore: Guanda
Anno: 2017
Voto: 4/5 

“A ciascuno di noi capita un periodo di ‘traviamento’: quando nella vita cambiamo strada e non troviamo più la ‘diritta via’. L’ha fatto anche Dante. Qualcuno si ravvede, qualcuno finge di ravvedersi, qualcuno non torna più indietro, altri rinunciano ancor prima di cominciare e altri ancora, per paura di smarrirsi, si ritrovano in eterno a vivere la vita sbagliata." André Aciman, Chiamami col tuo nome.

Siamo "da qualche parte nel Nord Italia", nell'estate del 1983, una di quelle estati che segnano la vita per sempre.

Elio ha diciassette anni, e per lui sono appena iniziate le vacanze estive che trascorrerà, come al solito, nella grande villa in campagna, insieme alla sua famiglia

E' qui che, in una splendida ambientazione italiana anni '80, come ogni anno arriva da New York "l'ospite dell'estate", il fortunato giovane letterato accuratamente selezionato dal professor Pearlman (il padre di Elio), che avrà l'occasione di trascorrere sei settimane in quel posto ameno per rivedere in tutta serenità il proprio manoscritto prima della pubblicazione.

E quello che per Elio sembrava essere soltanto "l'ennesima scocciatura" a cui dovrà cedere provvisoriamente la sua camera, si rivelerà la miccia di un desiderio inatteso prima, e di un rapporto profondo e complicato dopo. Fino al punto di non ritorno.

Nell'intermezzo, una storia di sguardi, corpi e scoperte con due protagonisti principali ben definiti e autentici. Da una parte Elio, un musicista diciassettenne un po' tormentato e pieno di contraddizioni, decisamente colto per la sua età, ma ancora acerbo e inesperto sul lato sentimentale e insicuro su come comportarsi e relazionarsi con Oliver.
Dall'altra parte Oliver, il ventiquattrenne americano neolaureato, "il classico tipo inavvicinabile" che subito conquista tutti con la sua bellezza e i modi anche disinvolti, quasi sfacciati, oltre che con i suoi Dopo!. Ma anche una persona piena di insicurezze, dubbi e desideri.

I due ragazzi hanno l'occasione di condividere conversazioni appassionate su libri e film, discussioni sulle loro comuni origini ebraiche, nuotate mattutine, partite a tennis, corse in bici e passeggiate in paese. Ma non solo.
Tra silenzi, giochi di sguardi, sfioramenti e malintesi, tra loro nascerà un desiderio inesorabile quanto inatteso e un'intimità totale, anche se il rapporto che si creerà tra i due "ebrei della discrezione" non sarà affatto facile.


Volevo essere come lui? Volevo essere lui? O forse volevo solo averlo? Oppure «essere» e «avere» sono verbi del tutto inadeguati nell'intricata matassa del desiderio, per cui avere il corpo di qualcuno da toccare ed essere quel qualcuno che desideriamo toccare è la stessa cosa, sono solo rive opposte di un fiume che scorre dall'uno all'altro, poi torna indietro e infine va di nuovo verso l'altro, e ancora, e ancora, un circuito perpetuo dove le cavità del cuore, come le botole del desiderio e i buchi del tempo e il cassetto a doppiofondo che chiamiamo identità, condividono una logica ingannevole, secondo la quale la distanza più breve tra vita reale e vita non vissuta, tra ciò che siamo e ciò che vogliamo, è una scalinata tortuosa progettata con l'empia crudeltà di M.C.

Insomma, un libro di straordinaria bellezza, uno di quei libri che vorresti non finissero mai, che racchiude una storia così intensa con uno stile poetico e allo stesso tempo immediato, diretto al punto giusto.

Perché la storia raccontata in questo libro, pur essendo sicuramente definibile una storia gay, non può comunque essere imprigionata in un genere. Ma se proprio dobbiamo catalogarlo "Chiamami col tuo nome" potrebbe essere definito un roman d’analyse, la storia della scoperta del mondo interiore di questo ragazzo di 17 anni, dei suoi dubbi e delle sue incertezze, sessuali e non, e il racconto in prima persona della difficoltà di stare al mondo che tutti abbiamo provato, indipendentemente dal nostro essere etero o omo.

A scriverlo, André Aciman, professore di letteratura comparata statunitense (anche se nato ad Alessandria d'Egitto in una famiglia ebraico-sefardita di origini turche), che conosce bene il nostro paese perché la sua famiglia vi si era trasferita nel 1965 per sfuggire alle persecuzioni degli ebrei promosse dal presidente Nasser.

La scrittura di Aciman ci trasporta in un mondo incantato, un mondo fatto di poesia e di musica ma anche di biciclettate e partite a tennis, un mondo romantico ma anche triviale, così come tenero e fragile ma anche brutale sul piano linguistico e fisico. Mi riferisco ad esempio alla scena della masturbazione con la pesca, di una carnalità impressionante che non credo dimenticherò mai.

La narrazione in prima persona è affidata ad Elio, e ci porta dritti nella sua testa, mostrandoci da vicino la profondità del suo tormento, l'inquietante attrazione provata per Oliver e la paura di non essere ricambiato o di essere addirittura respinto.
Lasciandosi trasportare dalle sue emozioni e dai suoi pensieri si finisce per rimanere intrappolati in una meditazione proustiana sul tempo e sul desiderio, tipico di quell'età della vita da cui nessuno vuole davvero staccarsi, pur senza volerci tornare mai, e non a caso Aciman è un grande esperto a livello accademico delle opere di Marcel Proust. E' lo stesso padre di Elio a spiegarlo in un modo veramente toccante: 


«La maggior parte di noi non riesce a fare a meno di vivere come se avesse a disposizione due vite, la versione temporanea e quella definitiva. Invece di vita ce n'è una sola, e prima che tu te ne accorga ti ritrovi col cuore esausto e arriva un momento in cui nessuno lo guarda più, il tuo corpo, e tantomeno vuole avvicinarglisi. Adesso soffri. Non invidio il dolore in sé. Ma te lo invidio, questo dolore. [...] Rinunciamo a tanto di noi per guarire più in fretta del dovuto, che finiamo in bancarotta a trent'anni, e ogni volta che ricominciamo con una persona nuova abbiamo meno da offrire. Ma non provare niente per non rischiare di provare qualcosa....che spreco!»

E mentre scorri le righe finali, capisci che ormai questa storia di formazione e di educazione sentimentale ti è entrata sotto la pelle e che non te ne libererai facilmente.
Mentre in bocca ti rimane il sapore della lontananza e della nostalgia.

lunedì 9 gennaio 2017

Paterson: tra poetica del quotidiano e quotidianità della poesia


Titolo originale: Paterson
Regia: Jim Jarmusch
Attori principali: Adam Driver, Golshifteh Farahani, Kara Hayward, Sterling Jerins, Jared Gilman
Genere: Drammatico, poetico
Durata 113 min



Una coppia di Paterson, New Jersey
Amore sussurrato
Il cane Marvin
Un poeta alla guida di un bus che ascolta il cuore della sua città
Coincidenze e rimandi

Il mondo visto da un autobus
Il trascorrerete lento delle giornate
Apoteosi della routine e poesia del quotidiano
L'ironia della parola
La ripetizione di un canone preciso

Un uomo che ripete se stesso
Consuetudini mortifere e stantie
Ambizioni sopite e voglia di cambiamenti
Un taccuino da portare sempre con sé e una birra che aspetta nel pub dell'isolato
Una passione per William Carlos Williams, Ginsberg, O'Hara

Il dono di uno sguardo poetico che ha il potere di cambiare ogni cosa
Senso e non-senso dell’esistenza
Poesia come sostanza
Colori delicati
Poetica del quotidiano o quotidianità della poesia?

giovedì 1 agosto 2013

Il responsabile delle risorse umane....è tra noi? E soprattutto, è umano?

Titolo: Il responsabile delle risorse umane
Titolo originale: The Human Resources Manager
Regia: Eran Riklis
Attori principali: Mark Ivanir, Guri Alfi, Noah Silver, Rozina Cambos, Julian Negulesco.
Genere: Drammatico
Durata: 103 min.
Uscita: Dicembre 2010.







Vista dall'esterno, da chi non conosce questa professione, il mestiere del responsabile delle risorse umane, così come degli addetti al reparto delle risorse umane, può riassumersi in due paroline magiche: assumere e licenziare. E quindi selezionare i candidati, chiamarli a colloquio e decidere della loro sorte, nel bene e nel male.

Talmente meccanico che alla fine uno si abitua a tutto e si ripara dietro ad una cortina di ferro che trasforma candidati e dipendenti in persone qualunque, senza una vera identità e senza un vero volto da ricordare.


E' quello che succede al protagonista de Il responsabile delle risorse umane di un panificio industriale di Gerusalemme, messo alle stretta da un giornalista d'assalto per non essersi interessato alla morte tragica di una sua dipendente, rimasta uccisa in un attentato terroristico in Israele.

Un mix di senso di colpa e il fatto che nessuno reclama il corpo della donna fanno il resto: la decisione di partire con il feretro della ragazza alla ricerca di un parente che si presti a riconoscerla porterà il manager in un villaggio rumeno, allontanandolo dal suo lavoro che lo assorbe al cento per cento e da una famiglia in cui è già poco presente.


Un road movie israeliano insolito, dalla trama originale, tratto da un romanzo di Abraham B. Yehoshua, in cui seguiamo i personaggi nel loro viaggio fisico e spirituale sulle strade di un'Europa gelida e sterminata, che li farà crescere, scoprire, accettare e incontrare, alla scoperta di un'umanità perduta che verrà ritrovata proprio in quell'est Europa dimenticato e sottostimato. Il cambiamento è dimostrato dalla riscoperta dei nomi dei personaggi, della loro identità, mentre all'inizio del film essi venivano contraddistinti meramente dal ruolo sociale ricoperto: la lavapavimenti, il responsabile delle risorse umane, il giornalista, il console israeliano ecc.

Tutto sommato Il responsabile delle risorse umane è un film surreale, altrettanto duro quanto ironico, in cui Eran Riklis si allontana dalla magnificenza e dal conflitto eterno de Il giardino dei limoni, per assumere quasi i toni di farsa (un tank come carro funebre) pur celando una profonda riflessione sull'illogicità, l'indifferenza e la frenesia del mondo moderno.

"PELLE" di Erica Zanin

"PELLE" di Erica Zanin
Un romanzo in vendita su www.ilmiolibro.it

"PELLE", il mio primo romanzo che consiglio a tutti!

Siamo nella Milano dei giorni nostri, in quella zona periferica che da Greco conduce a Sesto San Giovanni. In un autobus dell'ATM, un autista, ormai stanco del suo lavoro, deve affrontare una baby gang che spaventa i suoi passeggeri. Si chiama Bruno ed è uno dei tanti laureati insoddisfatti costretti a fare un lavoro diverso da quello da cui ambivano: voleva fare il giornalista e invece guida l'autobus nella periferia di Milano. Ma non gli dispiace e non si lamenta. E' contento lo stesso: è il re del suo autobus e i suoi passeggeri sono solo spunti interessanti per i racconti che scrive. Li osserva dallo specchietto retrovisore, giorno dopo giorno, li vede invecchiare, li vede quando sono appena svegli e quando tornano dal lavoro stanchi morti, e passa il tempo ad immaginarsi la loro vita. Finché nella sua vita irrompe Margherita, con la sua vita sregolata, con i suoi problemi di memoria, con i suoi segreti. E tutto cambia. Fuori e dentro di lui.