sabato 9 aprile 2011

La rivincita di noi “limerence addicted”


Forse c’è ancora spazio per noi nel mondo. Forse anche noi ci possiamo salvare.

Leggo un articolo di David Brooks de LaRepubblica del 2 aprile 2011 che mi ero messa da parte per poi riprenderlo con più calma. Già il titolo attira la mia attenzione: Le cinque virtù dell’Uomo Nuovo. Dalla sintonia al desiderio di infinito ci salveranno le qualità emotive.

Questo giornalista canadese che scrive sui più importanti giornali americani, tra i quali il New York Times, il Wall Street Journal, Newsweek, e che ha da poco pubblicato il suo nuovo libro The Social Animal: The Hidden Sources of Love, Character, and Achievement, in cui revisiona il significato fino ad oggi socialmente attribuito al concetto di “Capitale Umano”, riabilitandolo e strappandolo dalla restrittiva interpretazione che lo vede come il risultato di un mix di quoziente intellettivo e competenze professionali.

In realtà il mondo della ricerca da anni sta andando verso un’altra direzione, più profonda, nel tentativo di ricercare nuovi talenti, in grado di fondere in sé razionalità e emotività.

Vorrà dire che nei nostri prossimi colloqui, invece di essere giudicati per studi e passate esperienze, saremo valutati anche per

<<

· SINTONIA: La capacità di immedesimarsi nella mente altrui, prendendo conoscenza di ciò che ha da offrire.

· PONDERATEZZA: La capacità di osservare serenamente i moti della propria mente e di correggerne gli errori e i pregiudizi.

· METIS, da Metide, dea greca della saggezza, ntd.:la capacità di individuare gli schemi e i modelli di sistemi aggregati (pattern) comprendendo l’essenza delle situazioni complesse.

· SIMPATIA: la capacità di inserirsi nell’ambiente umano che ci circonda e di evolvere all’interno dei movimenti di gruppo.

· LIMERENCE (termine coniato dalla psicologa Dorothy Tennoy per descrivere lo stadio finale, quasi ossessivo dell’amore romantico, una sorta di ultra attaccamento, ntd): più che un talento, è una motivazione. Se la mente cosciente è avida di denaro e di successo, quella inconscia ha sete di momenti di trascendenza in cui, mettendo a tacere la skull line (la “linea del cranio”) ci abbandoniamo perdutamente all’amore per l’altro, all’esaltazione per una missione da svolgere, all’amore di Dio. Un richiamo che sembra manifestarsi in alcuni con potenziale molto maggiore rispetto ad altri>>.

Una rivalutazione dei “Limerence addicted”, potremmo chiamarli così, autoimprigionati nel proprio inconscio, una nuova attenzione verso l’empatia, la veggenza, la meditazione, l’unione tra filosofia orientale e occidentale che stavamo aspettando.

domenica 6 marzo 2011

BLACK SWAN - IL CIGNO NERO

REGIA: Darren Aronofsky

SCENEGGIATURA: Darren Aronofsky, Mark Heyman, John McLaughlin

ATTORI: Natalie Portman, Vincent Cassel, Mila Kunis, Winona Ryder, Barbara Hershey,

FOTOGRAFIA: Matthew Libatique

MUSICHE: Clint Mansell

PAESE: USA 2010

GENERE: Drammatico, Thriller



Film di apertura del Festival di Venezia 2010 interpretato da Natalie Portman, Vincent Cassel e Milan Kunis, Black Swan è un thriller psicologico ambientato a New York.

Nina, Natalie Portman (Premio Oscar 2011 per la migliore attrice), è una ballerina di danza classica giovane e ambiziosa che la compagnia del New York City Ballett sceglie come prima ballerina per Il lago dei cigni.

Per riuscire ad entrare fino in fondo nella parte e trovare dentro se il Cigno Bianco, delicato e innocente, e il Cigno Nero, caratterizzato da una seducente malvagità, che dovrà mettere in scena, si ritrova in una ragnatela intessuta di competizione, incubi, fantasie, gelosie nascoste, ossessioni.

Dovrà scontrarsi con la sensuale Lily (Mila Kunis), ultima arrivata nella compagnia che diventerà la sua più grande rivale, con la madre Erica (Barbara Hershey), un’ex ballerina oppressiva e ossessionante, con un direttore artistico (Vincent Cassel) che la spinge ad osare cercando di tirarle fuori il lato oscuro e incontrollato, con quel che resta di Beth Macintyre (Winona Ryder) ex prima ballerina che Nina andrà a rimpiazzare.

Un film con la consistenza di una sceneggiatura teatrale in cui la colonna sonora (musiche di Tchaikovsky e Clint Mansell) aiuta a mantenere una tensione costante, in cui ancora una volta Darren Aronofsky si concentra su un corpo martoriato, sulla sessualità negata, sulla ricerca della perfezione:

"Alcune persone considerano il wrestling come la più bassa delle forme d'arte, mentre altri ritengono che il balletto sia la più alta, ma in realtà hanno qualcosa di molto simile. Mickey Rourke come wrestler viveva delle esperienze assolutamente paragonabili a quelle di Natalie Portman come ballerina. Entrambi sono degli artisti che utilizzano i loro corpi per esprimersi, ma sono minacciati dai malanni fisici, perché i loro corpi sono gli unici strumenti che hanno per comunicare. La cosa interessante per me era trovare due storie collegate in quelli che potrebbero sembrare dei mondi distanti", spiega Darren Aronofsky.

Un film che entra in contatto con lo spettatore, violando la sua sensibilità, tanto che, secondo un articolo del The Hollywood Reporter, in un Multiplex di Riga, durante la proiezione del film un ragazzo di 27 anni , durante i titoli di coda, ha estratto la pistola e si e è fatto giustizia sparando a un altro spettatore colpevole di aver mangiato i pop corn troppo rumorosamente. Si parla di una totale identificazione con la ballerina protagonista del film.

Insomma, un film che divide, un capolavoro.

sabato 8 gennaio 2011


REGIA: Gabriele Salvatores

SCENEGGIATURA: Gabriele Salvatores, Alessandro Genovesi

ATTORI: Margherita Buy, Diego Abatantuono, Fabrizio Bentivoglio, Fabio De Luigi, Carla Signoris, Valeria Bilello, Gianmaria Biancuzzi, Alice Croci

PRODUZIONE: Colorado Film

PAESE: Italia 2010

GENERE: Commedia

DURATA: 90 Min


Lo so che il proposito di questo blog è di annotare le cose belle incontrate, ma oggi devo fare un’eccezione, forse, perché Happy Family mi è rimasto sul gozzo, e non ci posso credere, non può essere Salvatores a deludermi così tanto, e ho bisogno di capire, perché sono certa che ci deve essere una spiegazione.

E io per capire scrivo.

Ora veniamo al dunque. Happy Family è una commedia diretta da Salvatores

L’ho visto senza aver letto o sentito commenti e/o recensioni, così a mente vergine, anche se qualche aspettativa nei confronti di Salvatores devo ammettere che

ce l’avevo.

La trama è bizzarra, divertente: i personaggi ideati da uno sceneggiatore in crisi prendono vita e coinvolgono il loro creatore in uno scontro/incontro tra due famiglie dovuto alla ferma decisione di sposarsi presa dai loro rispettivi figli appena sedicenni.

E fin qui niente di male. Quello che d’istinto mi perplime è proprio la regia

Prima scoperta: in realtà il film ha preso spunto da uno spettacolo di Alessandro Genovesi (prodotto al Tetro Elfo di Milano) a sua volta ispirato ai Sei personaggi in cerca di autore di Pirandello.

Eh beh, eh behbeh, mi dico.

Seconda scoperta: le citazioni, molteplici. Per esempio c’è la scena in cui Caterina si sente gli occhi addosso di tutti i passeggeri del tram, ripresa dalla scena iniziale di 8 ½ di Federico Fellini. Poi c’è il richiamo a Marrakech Express, dello stesso Salvatores, quando Bentivoglio e Abatantuono parlano del loro primo incontro in Marocco.

Aaaaah, eeeeeh, dico, quasi con un sospiro di sollievo.

Terza scoperta: la fusione tra vita, commedia e film, in cui la commedia racconta la vita come se la vita fosse un film, e contemporaneamente il film racconta la vita come fosse una commedia, con i personaggi che escono dallo schermo e interagiscono con il narratore e con il pubblico stesso e con un finale metacinematografico che riunisce le tre dimensioni

Ooooohhh, e qui comincio ad agitarmi dalla sedia per l’agitazione che mi prende davanti a questa genialata.

Quarta scoperta: la geometria. Happy Family è geometricamente perfetto che si apre e si chiude a cerchio con una panoramica sull’appartamento/studio di un autore incasinato pieno di oggetti ai quali si appiglierà nel corso della scrittura.

Conclusione?Intellettualmente bello e genialmente costruito.

Ma dov’è finita la spontaneità?









domenica 26 dicembre 2010

AMERICAN LIFE -Away We Go


TITOLO ORIGINALE: Away we go

PAESE: Gran Bretagna, USA 2009

REGIA: Sam Mendes

GENERE: Commedia, Drammatico, Sentimentale

SCENEGGIATURA: Dave Eggers, Vendela Vida

FOTOGRAFIA: Ellen Kuras

MUSICHE: Alexi Murdoch

CAST: John Krasinski, Maya Rudolph, Carmen Ejogo, Maggie Gyllenhaal, Chris Messina, Paul Schneider, Allison Janney, Jim Gaffigan, Josh Hamilton, Melanie Lynskey, Samantha Pryor, Conor Carroll, Bailey Harkins




American Life (titolo originale Away We Go) è la storia di una tenera coppia di trentenni innamorati. Burt e Verona, interpretati da John Krasinski e Maya Rudolph, sono in attesa del loro primo figlio e stanno cercando di sistemare le loro vite per accogliere al meglio il nuovo inatteso membro della loro futura famiglia.

Una bella città, una bella casa, un bel lavoro, degli amici con cui trascorrere il proprio tempo libero, questo è quello che vorrebbero, ma prima di arrivare a tanto dovranno “crescere”, affrontando da soli le loro vite fatte di goffaggini, frustrazioni, fallimenti e insicurezze, fino ad accettarle.

Per questo, i due decidono di lasciare la casa degli studenti dove ancora abitano, e di intraprendere un viaggio attraverso Stati Uniti e Canda, chiedendo ospitalità a parenti e amici, per cercare la loro casa perfetta, un posto dove vivere serenamente e tirare su la bambina che sta per nascere.

Ma la cosa non è semplice come sembra: l’American Life che scopriranno è lontana dai grattacieli e dal traffico ed è fatta di individui grotteschi, hippie nevrotici, coppie frustrate che non possono avere figli, madri egoiste incuranti dei figli.

Una indiretta riflessione sull’essere genitore che nasce spontanea e che li porterà a ripercorrere tutte le cicatrici nascoste per ritrovare il punti di partenza e tornare alla casa d’infanzia di Verona, quella dove è cresciuta con i propri genitori che poi ha perso a 22 anni, il posto più bello di tutti, immerso nella natura, con vista sul lago.

Sam Mendes (quello di American Beauty e Revolutionary Road per intenderci) si conferma un regista sorprendente e accanto a lui anche i suoi attori in grado di fare impallidire le star di Hollywood anche se poco conosciuti, scelta dovuta al budget limitato di un film che si può definire indipendente

Semplice e tenera la sceneggiatura di Dave Eggers e della sua compagna Vendela Vida, in grado di perforare lo sterni e di arrivare dritta al cuore, così come stupenda è la fotografia di Ellen Kuras.

La colonna sonora del film, Invece mi ha lasciata spiazzata. Avrei detto Nick Drake, ne ero certa, stessa voce e stesso stile, e invece è curata dal cantautore britannicoAlexi Murdoch, considerato da molti per l’appunto la reincarnazione di Nick Drake.

Divertente e tenero, di quelli che lasciano il sorriso stampato in faccia per giorni e giorni, un film inconsueto e controcorrente, dove non si parla di rapine, di fughe a Las Vegas, di carriera e shopping, di vampire etc. etc., ma dove la semplicità della Vita (con V maiuscola) ritorna ad essere il punto di partenza e il punto di arrivo del desiderio di famiglia, di pace, di serenità. Ci vuole coraggio a sbattere in faccia al mondo delle ambizioni così semplici.

martedì 21 dicembre 2010

XY - L'ULTIMO LIBRO DI SANDRO VERONESI

Inizialmente la curiosità è nata dal sito inernet http://www.x-y.it/ dove la casa editrice Fandango e Sandro Veronesi, autore di XY come anche di Caos Calmo, hanno ricreato Borgo San Giuda, i clan che lo abitano, i singoli membri di cui i clan sono composti, le case e la loro disposizione in quel borgo triestino in cui inizia l’indagine al centro della trama del libro.

Poi c’è stata un’intervista da parte di Fabio Fazio e, mah sì, mi sono detta, tanto c’è Natale alle porte e, se proprio non va giù, faccio ancora in tempo a impacchettarlo e regalarlo. Mani al portafoglio, ecco 20 Euro col resto di 50 centesimi e una borsa di tessuto con lo stemma della libreria in omaggio, visto che sono una cliente molto affezionata.

Ringrazio tuttacontenta, ma poi ci rimugino un po' su. E passi per la borsetta che mi ha indolcito un po’ la pillola, ma questo libro costa comunque 19,50 Euro! Eh va bene che c’è il Natale in vista, con la sana tradizione del riciclo, perché altrimenti una persona con uno stipendio

normale mica si arrischierebbe a tanto senza avere la certezza del godimento sperato, parenti e amici intimi dell’autore esclusi, ovviamente.

E il godimento c’è stato, così come lo stupore e l’ammirazione per le idee geniali, per gli intrecci, per la descrizione dei personaggi e dei luoghi: Borgo San Giuda ce l’avevo lì davanti ai miei occhi, ci ero dentro, ho passeggiato per quelle strade, scambiato due chiacchiere con i suoi abitanti spettegolando un po’ sulla storia dei clan, insomma mi sono divertita e nel contempo ho cercato di mettere insieme i pezzi e di ricostruire l’accaduto con una tensione crescente, che mi ha portato su in alto, molto in alto e ancora più su, lasciandomi poi lì, appesa al nulla.

Mi spiego. Il libro gira intorno a un evento terribile che sconvolge la vita di San Giuda, un piccolo villaggio appartato costituito da poche anime. In reltà non si sa bene cosa sia accaduto ma, lì davanti agli occhi dei personaggi e del lettrore ci sono solo i fatti: un albero ghiacciato intriso di sangue (di persone diverse) e tanti morti, uccisi nello stesso momento e nello stesso luogo. Anche se in modi diversi: chi per strangolamento, chi di overdose, chi di cancro, chi decapitato, chi per un boccone andato di traverso, chi per semplice suicidio, chi sbranato da uno squalo (siamo nei dintorni di Trieste).

Un delitto estremo, orrendo e impossibile da spiegare secondo le logiche quotidiane, talmente impossibile che tutti, persino le autorità di governo, sceglieranno una scorciatoia: faranno finta di non aver visto quello che hanno visto e daranno la colpa ad un attacco terroristico islamico.

Non tutti, però. Per alcuni il boccone è troppo amaro per essere buttato giù senza nemmeno sapere perché è successo questo, perché è successo proprio a San Giuda e perché è successo

proprio a loro. Tra questi ci sarà una psichiatra, un prete e uno strano ragazzo che dopo anni di silenzio, ricomincia a parlare.

Ci sarà X e Y, l’uomo e la donna, ma anche la scienza con i suoi tentativi di dare una spiegazione logica a tutto quanto, e il mistero dove il credere sostituisce il comprendere.

E fin qui, tutto bene, è alla fine che, appunto, dall’alto in cui siamo arrivati, osserviamo la terra che velocemente si sgretola sotto di noi, mentre il libro finisce, lasciandoci appesi, in attesa di una bella conclusione che ci riconduca per mano piano piano di nuovo sulla terra ferma.

Ma la conclusione non c’è. E io sono rimasta appesa.

Ho passato tre giorni a sconsigliarlo a tutti, delusa e frustrata (sono pur sempre 370 pagine circa!). Poi, però, ho pensato alla possibilità che Veronesi lo abbia fatto apposta e se è così allora è veramente un genio!

E’ così semplice: alla fine, sullo spiegare vince il credere, ed è per questo che altri avranno la mia stessa reazione, perché non siamo più abituati, perché riteniamo il credere senza lo spiegare un’azione incompleta in se stessa.

Ma, quindi, non è più possibile credere?



lunedì 20 dicembre 2010

WRISTCUTTERS - UNA STORIA D'AMORE

E SE LA FINE .......
FOSSE SOLO L'INIZIO?

Wristcutters - Una storia d'amore

(Wristcutters - A Love Story)


REGIA: Goran Dukic

SCENEGGIATURA: Goran Dukic, Etgar Keret

ATTORI: Tom Waits, Patrick Fugit, Shannyn Sossamon, Leslie Bibb, Shea Whigham, Will Arnett, John Hawkes

FOTOGRAFIA: Vanja Cernjul

MUSICHE: Bobby Johnston

PAESE: Gran Bretagna, USA, Croazia 2007

GENERE: Commedia, Drammatico, Sentimentale

DURATA: 88 Min

FORMATO: Colore 35MM - 1.78 : 1

FORMATO: Colore 35MM - 1.78 : 1



Originale, semplice e poetico insieme. E carino, talmente carino da essere diventato un film culto negli USA(e ignorato in Italia), Wristcutters è stato premiato in molti Festival di cinema indipendente tra cui il Sundance Film Festival.

In piena crisi, alla fine della storia con Desiree, il giovane Zia (Patrick Fugit) ricorre alla solita scorciatoia a cui in molti pensano in questi casi e decide di tagliarsi le vene.

Quello che accade dopo non è Zia all’inferno, ne’ Zia al Paradiso. E’ Zia nel paese dei suicidi, dei wristcutters, ovvero di “coloro che si sono tagliati i polsi”, un luogo amaro dai colori spenti dove non si riesce più a sorridere.

Qui Zia viene a sapere che dopo aver sentito la notizia della sua morte, anche Desiree si è suicidata, e di qui nasce tutta l’avventura on the road della ricerca della ragazza in quel mondo parallelo, un lungo viaggio in cui Zia avrà modo di riscoprire l’amicizia, l’amore e l’importanza della vita. Insieme a lui ci saranno un baffone russo (una specie di clone del cantante dei Gogol Bordello) in cerca di una cosa qualsiasi e una ragazza bruna, Shannyn Sossamon, in cerca della gente al comando di quel mondo parallelo, di cui Zia finirà per innamorarsi.

Un cast di eccezione in cui troneggia la figura del grande Tom Waits nel ruolo paterno di Kneller.

Degna di nota anche la fantastica colonna sonora: Tom Waits, Joy Division, Gogol Bordello e chi più ne ha più ne metta.

Peccato solo che in Italia sia così difficile trovarlo. Non serve aggiungere altro.

sabato 4 dicembre 2010

WhereTheWildThingsPlay.mp4- Primo posto nella categoria BEST SOUNDTRACK al TORINO BEST SOUNDTRACK AWARDS



Soundtrack alternativa per il film "Where the wild things are"
Concorso Torino Best Soundtrack Awards 2010
Categoria Best Soundtrack
Autori: Alessio Zanin e Luigi Suardi

Notte di passione, la mia. Avanti e indietro, avanti e indietro per tutta l'anticamera. Poi per la camera da letto. Esploro anche il soggiorno di casa mia, per poi finire in bagno. Vado in cucina a bere un po' d'acqua, accendo la tele. C'è Zatoischi, e un po' mi acchiappa, ma non abbastanza per distrarmi dal chiodo fisso.
A qualche centinaia di chilometro di distanza al TORINO BEST SOUNDTRACK AWARDS 2010 c'è i mio fratellino\one, a seconda dei giorni, che si esibisce con il suo amico, Luigi Suardi, per la categoria BEST soundtrack con una colonna sonora ex novo de IL PAESE DELLE CREATURE SELVAGGE.
Io l'ho già ascoltata almeno un centinaio di volte. So che vincerà ed è per questo che sono agitata.
Zatoischi finisce.
12:15. Lo chiamo. Ci sono ancora altri gruppi che devono ancora suonare.
Ok, mi arrendo me ne vado a dormire.
Ma non dormo.
Penso. Penso che comunque vada sono orgogliosa e sono felice.
Poi verso l'una arriva a chiamata: primo posto, lui va a festeggiare e io vado a dormire esausta al solo pensiero come dopo un concerto dei KORN.
Ce ne vorrebbero di più di momenti in cui la vita ti stringe la mano e si congratula con te per quello che hai creato, comunque...domani è un altro giorno!

sabato 6 novembre 2010

In viaggio verso IL SIGNORE DELLE LACRIME



Titolo: SIGNORE DELLE LACRIME

Autore: ANTONIO FRANCHINI

Prezzo: € 13,00

Editore: MARSILIO (collana romanzi e racconti)


"E la vita mi impressiona? Non sempre, dovrei farmene impressionare di più."


Capitato per puro caso nella mia vita, Signore delle lacrime è un libro sui generis, difficile da far rientrare nel modello di catalogazione di generi letterari comunemente usato, in quanto incrocio tra reportage, romanzo, diario in cui vengono registrati ricordi e meditazioni.

Questo ha condizionato indubbiamente la mia reazione alla lettura: nel leggere le prime pagine il tentativo di incastonare il testo in un genere letterario mi ha distolto dal contenuto stesso della lettura, fino al momento della resa e dell’abbandono totale alle parole, alla decisione inconscia di salire sulle spalle dell’autore e di lasciarsi da lui condurre per le strade polverose di un’India mistica e misteriosa.

Un viaggio in cui la corrente ti spinge ad entrare in contatto con la sacralità, con le divinità, con la morte, col sapere e la conoscenza stessa, un compendio di Divina Commedia, un viaggio nell’interiorità che conduce momentaneamente al di fuori di una Selva Oscura moderna e da cui si esce in qualche modo cambiati.

Obbligatorio un accenno all’autore, Antonio Franchini, nome importante dell’editoria italiana, attualmente Direttore della Narrativa Italiana Mondadori.

martedì 5 ottobre 2010

ANAIS NIN -DIARI


“La vita ordinaria non mi interessa. Cerco solo i grandi momenti. Voglio essere una scrittrice che ricorda agli altri che questi momenti esistono…”.

Bella, affascinante, cosmopolita, controversa, scandalosa, profonda conoscitrice dell’animo umano. Un po’ troppo per il ventesimo secolo.

Anais Nin, scrittrice di bellissimi racconti (spesso etichettati troppo sbrigativamente come erotici) nonché amante di Arthur Miller, era una donna mossa da un profondo bisogno di conquista, dal bisogno di essere adorata, dal bisogno di interessare.

“Se mio padre se n’è andato… se non mi amava dev’essere perché non ero amabile… come cortigiana avevo già assaggiato il fallimento. Dovevo trovare altri modi per interessare gli uomini“.

Quale posto migliore avrebbe potuto rispondere meglio alle sue esigenze se non la Parigi degli anni ’30? Come resistere al richiamo di quella città? Un richiamo soprattutto dovuto al fervido clima intellettuale che dominava incontrastato le sue atmosfere, generato e rigenerato in continuazione da molti dei più grandi artisti, scrittori, poeti, musicisti, teatranti di allora. Qui tra le vittime mietute dalla Nin ci saranno anche Antonin Artaud e Henry Miller, i due da me più invidiati, ma anche Gore Vidal, Dalì, Sigmund Froid.

Per cominciare ad avvicinarsi e assaporare la sua voglia di vivere, di amare, di appassionarsi con tutta l’anima e con tutto il corpo, il mio consiglio è di cominciare con il “DIARIO”, una raccolta di scritti autobiografici iniziata nel 1931. Queste pagine celano una delle più belle storie d’amore che mi abbiano mai fatto vibrare e su cui è basato il film “Henry & June”.

Non importa se si tratta di uno scandaloso amore a tre e non importa se la sua sensualità sfoci nell’erotismo sfrenato.

"PELLE" di Erica Zanin

"PELLE" di Erica Zanin
Un romanzo in vendita su www.ilmiolibro.it

"PELLE", il mio primo romanzo che consiglio a tutti!

Siamo nella Milano dei giorni nostri, in quella zona periferica che da Greco conduce a Sesto San Giovanni. In un autobus dell'ATM, un autista, ormai stanco del suo lavoro, deve affrontare una baby gang che spaventa i suoi passeggeri. Si chiama Bruno ed è uno dei tanti laureati insoddisfatti costretti a fare un lavoro diverso da quello da cui ambivano: voleva fare il giornalista e invece guida l'autobus nella periferia di Milano. Ma non gli dispiace e non si lamenta. E' contento lo stesso: è il re del suo autobus e i suoi passeggeri sono solo spunti interessanti per i racconti che scrive. Li osserva dallo specchietto retrovisore, giorno dopo giorno, li vede invecchiare, li vede quando sono appena svegli e quando tornano dal lavoro stanchi morti, e passa il tempo ad immaginarsi la loro vita. Finché nella sua vita irrompe Margherita, con la sua vita sregolata, con i suoi problemi di memoria, con i suoi segreti. E tutto cambia. Fuori e dentro di lui.