Titolo: Essere John Malkovich
Titolo originale: Being John Malkovich
Sceneggiatura: Charlie Kaufman
Genere: Commedia
UN BLOG PER TORNARE AD ESSERE NUDI, PER RISCOPRIRSI VIVI. UN BLOG PER ANIME BARCOLLANTI CHE USANO PAROLE PER SORREGGERSI E SUONI PER DIFENDERSI.
Quel che aveva capito, con certezza assoluta, era che vivere senza di lui sarebbe stato, per sempre, la sua occupazione fondamentale, e che da quel momento le cose avrebbero avuto per sempre un'ombra, per lei, un'ombra in più, perfino nel buio, e forse soprattutto nel buio. (A. Baricco)
«Ho passato tutta la vita con i miei coetanei e non mi piacciono granché»
Jonas Jonasson |
Ogni tanto i buoni sentimenti fanno proprio bene e un lungometraggio di animazione come questo è in grado di destare l’interesse di un pubblico di tutte le età, catturando l'attenzione e il cuore degli spettatori in un mondo magico, in cui due culture e due religioni lontane si incontrano, quella occidentale e la civiltà islamica.
La storia, legata all'infanzia del regista trascorsa in Africa, narra infatti le vicende di due bambini, il biondo Azur e il bruno Asmar, cresciuti dalla nutrice (la mamma di Asmar) nella casa del ricco padre di Azur. Un giorno, il severo padrone di casa decide di dividere i due "fratelli" e di mandare il proprio figlio in collegio, cacciando via la nutrice e Asmar. Nonostante questo tutti si riincontrtanno al sud, nelle terre narrate nelle storie della nutrice, nel tentativo di liberare la bellissima Fata dei Jinns, imprigionata in attesa del suo salvatore.
Belle le suggestive ambientazioni medievali, degli anni antecedenti le crociate in cui la pellicola è ambientata, così come gli abiti portati sullo schermo e la colonna sonora, realizzata da Gabriel Yared, uno dei maggiori compositori francesi, già vincitore di un Oscar. Un capolavoro di colori e grafiche dalle ambientazioni magiche in cui Ocelot abbandona la tavolozza quasi monocromatica di Kirikù, passando dall’Africa nera al mondo arabo pieno di illusioni e colori, intrisa di fate, miti, sortilegi e creature favolose.
Scoprivamo memorie ed esperienze a noi sconosciute, sentivamo come sia imprigionante la condizione di ragazza, come rendeva la mente più attiva e sognatrice e come alla fine si faceva a capire quali colori andassero bene insieme. Scoprimmo che le ragazze in realtà erano donne travestite, che capivano l’amore e la morte e il nostro compito altro non era che fare quel chiasso che sembrava affascinarle tanto. Capimmo che sapevano tutto di noi, e che noi non potevamo comprenderle affatto.”
Film particolare, tratto dal romanzo omonimo di Jeffrey Eugenides, che ha consacrato alla regia la figlia d’arte Sofia Coppola, prima della sua biogtafia pop di Maria Antonietta,
Un lungometraggio in cui una serie di istantanee offuscate ritraggono i diversi stati d’animo che andranno poi a costituire la trama stessa del film, in cui la vita di un eclettico gruppo di ragazzi viene sconvolta dalla loro ossessione verso le cinque bellissime sorelle Lisbon, Cecilia, Lux, Bonnie, Mary e Therese, alle prese con un’adolescenza tormentate da genitori che credono di fare il loro bene. Una madre (K. Turner) timorata e intransigente che arriva a costringere una delle sorelle a bruciare i propri dischi per punizione, cercando di proteggere la propria famiglia da tutto ciò che costituisce devianza. Un padre (J.Wood) assente, troppo impegnato a costruire modellini, per accorgersi di quello che accade in tra le mura domestiche.
In sottofondo la colonna sonora (affidata al duo francese Air) sottolinea incredibilmente il passaggio dall’interiorità di Lux (K. Dunst) e delle altre sorelle al freddo perbenismo dei coniugi Lisbon, per mezzo di continui passaggi di atmosfere cupe e passionali al gelo, all’ossessione religiosa che imbriglia il desiderio di vivere nelle ragazze.
La figura femminile che ne emerge è una donna intrinsecamente sola in tutte le fasi della sua vita, ma dotata di un’incommensurabile carica energetica tanto più presente quanto più imprigionata dietro una presunta inncocenza, mentre l’uomo è assente o, se presente, quantomeno irrilevante.
Un lungometraggio molto intenso che si imparonisce del circuito nervoso dello spettatore e dei suoi ricordi e in cui la telecamera altera la relatà, trasformandola in percezione soggettiva e quindi, in quanto tale, in realtà filtrata da una condizione di straniamento melanconico, in cui la vita è altrove e viene vissuta indirettamente attraverso riviste patinate e cataloghi di viaggio, in un’atmosfera ovattata dai colori pastello.
Giovedì 11 Agosto 2011 AltamuraLife.
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Questo libro rappresenta un suo sogno nel cassetto... lei descrive le esperienze vissute e raccontate da suo padre. Di che cosa si tratta?
Quando vivevamo ancora tutti nella casa dei genitori - prima che ognuno di noi seguisse la sua strada, ma anche dopo - a pranzo o a cena facevano accese discussioni pro o contro i sentimenti politici di mio padre e ognuno di noi esprimeva i propri pensieri e chiedeva informazioni per soddisfare le proprie curiosità. Io ho mentalmente custodito le nostre domande e le risposte di mio padre e ho sempre pensato di riportarle prima o poi in forma scritta. Il pensionamento e l'indipendenza raggiunta dai miei figli finalmente mi hanno consentito di realizzare questo progetto. E' la descrizione della dura e amara vita dei contadini del Sud nella prima metà del Novecento.
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Il libro ha una struttura particolare... parla di un nonno che risponde a delle domande...
Il libro è strutturato esattamente come avvenivano le discussioni a carattere sociale e politico in famiglia. Mio padre esprimeva le sue posizioni socio-politiche e noi esprimevamo i nostri dissensi o le nostre approvazioni. Io mi sono limitata a dare un ordine cronologico agli eventi oggetto di discussioni o di riflessioni.
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I racconti contenuti in Tutti i Figli di Dio danzano
· Atterra un UFO su Kushiro
· Paesaggio con ferro da stiro
· Tutti i figli di Dio danzano
· Thailandia
· Ranocchio salva Tokyo
· Torte al miele
Tutti i figli di Dio danzano è una raccolta di racconti di Haruki Murakami accomunati da un tema, il terremoto di Kobe, che ha segnato grosso trauma della storia del Giappone degli anni ’90.
I personaggi di Murakami sono dei sopravvissuti che nascondono nelle profondità delle loro anime le cicatrici di una tragedia che vorrebbero rimuovere ma che costantemente tornano come fantasmi nel loro quotidiano, richiamandone costantemente la loro attenzione
A questo punto, al centro di ogni racconto, come nelle favole della buonanotte raccontate ai bambini, nel bel mezzo di una natura morta di sentimenti contrastati, interviene un incontro chiave in grado di aprire uno spiraglio di luce e di cambiare il corso di un'esistenza, la promessa di una via d'uscita dal dolore della morte o addirittura la salvezza dalle paure di una città intera.
Riporto qui di seguito una citazione in cui ho trovato il senso profondo che personalmente attribuisco ai sei racconti: mentre stai per cadere, c’è sempre qualcuno che ti afferrerà al volo. Basta abbandonare la rigidità e lasciarsi andare.
"Calpestava la terra, e roteava le braccia con eleganza.
Ogni movimento chiamava il successivo, e si collegava a esso in modo autonomo. Il suo corpo tracciava un diagramma dopo l'altro.
E in quella danza vi erano forma, variazioni e improvvisazione. Dietro al ritmo c'era un ritmo, e tra di essi vi era un altro ritmo invisibile.
In alcuni momenti chiave, Yoshiya riusciva a cogliere una visione d'insieme dei loro complessi intrecci.
Diversi animali erano nascosti nella foresta, come in un'illustrazione cifrata. Vi apparteneva anche una belva spaventosa che non aveva mai visto.
A un certo punto sapeva che avrebbe dovuto attraversare quella foresta. Ma non aveva paura. Cosa aveva da temere? Era la foresta che esisteva dentro di lui. E la belva quella che lui stesso portava con sé.
Yoshiya non sapeva per quanto tempo aveva danzato. Però era durato a lungo. Abbastanza a lungo da avere le ascelle bagnate di sudore.
Poi a un tratto pensò a tutto ciò che esisteva al centro della terra che adesso calpestava. Lì c'era il rifugio sinistro di un'oscurità profonda, una corrente sotterranea, sconosciuta agli uomini, che trasportava il desiderio, un brulicare di viscidi insetti, e lì si annidava quel terremoto che trasformava le città in ammassi di detriti. Tutte queste energie contribuivano a creare il ritmo della terra.
Yoshiya smise di danzare, e mentre cercava di regolare il suo respiro, abbassò lo sguardo sulla terra ai suoi piedi, come se spiasse una voragine senza fine."
Regia: Alan Taylor
Uscita Originale: 1996
Cast: William Forsythe, Vincent Gallo, Adam Trese, Gareth Williams, Frances McDormand
Genere: Un mix tra Commedia e Poliziesco
Durata: 1h 32m
In una cittadina del New Jersey tre giovani disoccupati, Jerry, Russ e Syd, i classici buoni a nulla più per svogliatezza che per mancanza di doti personali, stanchi della vita che conducono e delle umiliazioni a cui ogni giorno vengono sottoposti, si spremono il cervello alla ricerca di un’attività alla loro altezza, non troppo pesante, interessante, con degli orari buoni etc…etc….che li garantisca di portarsi a casa la pagnotta.
Un po’ per caso, un po’ per il destino che fa venire un infarto al guidatore del portavalori che viaggiava davanti a loro, decidono di tentare il colpo della vita, ma la loro inconcludenza sarà di ostacolo, tanto che alla fine verranno pubblicamente premiati per una buona azione.
Il film ha un bel ritmo, ha la dose giusta di ironia e amarezza, di rabbia e di tranquillità. In alcuni punti rimanda a quell’arte rarissima di sopravvivere dei Soliti Ignoti di Monicelli, e alla fine, anche la dedica mi stupisce: a Italo Calvino (in realtà il film è un adattamento di un suo racconto breve).
"Un giorno cadremo e verseremo lacrime. E capiremo tutto, ogni cosa."
Complesso e poderoso.
Pura poesia visiva. Immagini a metà tra la grazie e il nulla.
Una danza degli spiriti su uno sfondo siderale, fra luce e tenebra, creazione e distruzione, grazia e natura.
Lo schermo nasconde un mondo mai visto prima, vivo e grandioso.
Dietro la storia del singolo c’è la vera combustione del mondo e dietro la vera combustione del mondo c’è un creatore con cui bisogna fare i conti, un Dio prepotente che esige sacrifici.
Poi, la Rabbia, con la Erre maiuscola, di chi guarda le cose succedere senza riuscire a coglierne il senso.
La trama? Non so se si può definire così. Il film somiglia più a un ritratto di famiglia, di una famiglia texana in particolare, gli O’Brien: un padre tradizionalista e molto esigente (Brad Pitt), una madre dolcissima e piena di attenzioni (Jessica Chastain), e i loro tre figli. La loro storia viene rivissuta dal rancoroso Jack, figlio maggiore diventato adulto (Sean Penn) e viene dispersa nel corso della vita, dall’origine del mondo (dinosauri inclusi) ad oggi.
Un capolavoro. Un opera geniale e urlante. Che disorienta.