Titolo originale: Zivot je cudo
Luka, alla sua ragazza mussulmana: | |
Ce ne andremo via insieme. Ma Luka... non abbiamo nessun posto dove andare. Come no? Ce ne andremo in Australia. E come? Camminando sui binari. |
UN BLOG PER TORNARE AD ESSERE NUDI, PER RISCOPRIRSI VIVI. UN BLOG PER ANIME BARCOLLANTI CHE USANO PAROLE PER SORREGGERSI E SUONI PER DIFENDERSI.
Luka, alla sua ragazza mussulmana: | |
Ce ne andremo via insieme. Ma Luka... non abbiamo nessun posto dove andare. Come no? Ce ne andremo in Australia. E come? Camminando sui binari. |
"Non siamo cattivi, veniamo da un posto cattivo"
Quel che aveva capito, con certezza assoluta, era che vivere senza di lui sarebbe stato, per sempre, la sua occupazione fondamentale, e che da quel momento le cose avrebbero avuto per sempre un'ombra, per lei, un'ombra in più, perfino nel buio, e forse soprattutto nel buio. (A. Baricco)
«Ho passato tutta la vita con i miei coetanei e non mi piacciono granché»
Jonas Jonasson |
Ogni tanto i buoni sentimenti fanno proprio bene e un lungometraggio di animazione come questo è in grado di destare l’interesse di un pubblico di tutte le età, catturando l'attenzione e il cuore degli spettatori in un mondo magico, in cui due culture e due religioni lontane si incontrano, quella occidentale e la civiltà islamica.
La storia, legata all'infanzia del regista trascorsa in Africa, narra infatti le vicende di due bambini, il biondo Azur e il bruno Asmar, cresciuti dalla nutrice (la mamma di Asmar) nella casa del ricco padre di Azur. Un giorno, il severo padrone di casa decide di dividere i due "fratelli" e di mandare il proprio figlio in collegio, cacciando via la nutrice e Asmar. Nonostante questo tutti si riincontrtanno al sud, nelle terre narrate nelle storie della nutrice, nel tentativo di liberare la bellissima Fata dei Jinns, imprigionata in attesa del suo salvatore.
Belle le suggestive ambientazioni medievali, degli anni antecedenti le crociate in cui la pellicola è ambientata, così come gli abiti portati sullo schermo e la colonna sonora, realizzata da Gabriel Yared, uno dei maggiori compositori francesi, già vincitore di un Oscar. Un capolavoro di colori e grafiche dalle ambientazioni magiche in cui Ocelot abbandona la tavolozza quasi monocromatica di Kirikù, passando dall’Africa nera al mondo arabo pieno di illusioni e colori, intrisa di fate, miti, sortilegi e creature favolose.
Scoprivamo memorie ed esperienze a noi sconosciute, sentivamo come sia imprigionante la condizione di ragazza, come rendeva la mente più attiva e sognatrice e come alla fine si faceva a capire quali colori andassero bene insieme. Scoprimmo che le ragazze in realtà erano donne travestite, che capivano l’amore e la morte e il nostro compito altro non era che fare quel chiasso che sembrava affascinarle tanto. Capimmo che sapevano tutto di noi, e che noi non potevamo comprenderle affatto.”
Film particolare, tratto dal romanzo omonimo di Jeffrey Eugenides, che ha consacrato alla regia la figlia d’arte Sofia Coppola, prima della sua biogtafia pop di Maria Antonietta,
Un lungometraggio in cui una serie di istantanee offuscate ritraggono i diversi stati d’animo che andranno poi a costituire la trama stessa del film, in cui la vita di un eclettico gruppo di ragazzi viene sconvolta dalla loro ossessione verso le cinque bellissime sorelle Lisbon, Cecilia, Lux, Bonnie, Mary e Therese, alle prese con un’adolescenza tormentate da genitori che credono di fare il loro bene. Una madre (K. Turner) timorata e intransigente che arriva a costringere una delle sorelle a bruciare i propri dischi per punizione, cercando di proteggere la propria famiglia da tutto ciò che costituisce devianza. Un padre (J.Wood) assente, troppo impegnato a costruire modellini, per accorgersi di quello che accade in tra le mura domestiche.
In sottofondo la colonna sonora (affidata al duo francese Air) sottolinea incredibilmente il passaggio dall’interiorità di Lux (K. Dunst) e delle altre sorelle al freddo perbenismo dei coniugi Lisbon, per mezzo di continui passaggi di atmosfere cupe e passionali al gelo, all’ossessione religiosa che imbriglia il desiderio di vivere nelle ragazze.
La figura femminile che ne emerge è una donna intrinsecamente sola in tutte le fasi della sua vita, ma dotata di un’incommensurabile carica energetica tanto più presente quanto più imprigionata dietro una presunta inncocenza, mentre l’uomo è assente o, se presente, quantomeno irrilevante.
Un lungometraggio molto intenso che si imparonisce del circuito nervoso dello spettatore e dei suoi ricordi e in cui la telecamera altera la relatà, trasformandola in percezione soggettiva e quindi, in quanto tale, in realtà filtrata da una condizione di straniamento melanconico, in cui la vita è altrove e viene vissuta indirettamente attraverso riviste patinate e cataloghi di viaggio, in un’atmosfera ovattata dai colori pastello.