venerdì 24 settembre 2010

FRANCESCA WOODMAN - Ritratti interiori tra Providence Roma e New York


"You can not see me from where
I look my self".











Un corpo che si confonde con l'ambiente circostante, mimetiz-
zandosi e dissolvendosi, fino a diventare parte di esso.
Potrei riassumere così l’impressione procurata dalle 116 stampe in bianco e nero e dai 15 video esposti in una penombra contemplativa a Milano, al Palazzo della Ragione dal 16 luglio al 24 ottobre, nell’ambito di una mostra dedicata a Francesca Woodman, curata da Marco Pierini e Isabel Tejeda.

Sfrontata e sensuale, ma al contempo fragile e vana. È il ritratto che emerge da soggetto-oggetto principale delle fotografie, l’autrice stessa, Francesca Woodman, figlia d’arte, nata nell’aprile del 1958 e morta suicida a soli 22 anni.

Pochi anni di intenso lavoro in cui portare avanti una ricerca interiore ambientata in spazi naturali e in scalcinati ambienti domestici, rappresentati in una dimensione di intimità resa dal bianco e nero.

Nelle inquadrature, in cui nulla viene lasciato al caso, accanto a qualche oggetto di scena compare quasi sempre Francesca, modella di se stessa, perlopiù in versione acefala.

Il risultato è struggente.

L’occultamento del volto e con esso di una parte della propria identità (reso attraverso la scelta di determinate inquadrature o mediante l’uso di maschere e sfumature), conduce per mano, fino al punto in cui riusciamo a scorgere il Sé nel momento esatto in cui si dissolve nello squallore di una stanza.

Bello da piangere.

Than at one point I did not need to trenslate the notes, they went directly to my hands”.


sabato 21 agosto 2010

BASILICATA COAST TO COAST: L’importante non è la destinazione ma il viaggio.



Perchè "La Basilicata esiste,

è un po' come il concetto di Dio

ci credi o non ci credi".

Nicola Palmieri



REGIA: Rocco Papaleo

ATTORI: Alessandro Gassman, Paolo Briguglia, Max Gazzè, Rocco Papaleo, Giovanna Mezzogiorno

PAESE: Italia 2010

GENERE: Commedia musicale

DURATA: 105 Min



Al risveglio ci penso subito. Devo masticarlo, devo saperne di più, devo farlo ancora più mio.

Sto parlando del film che ho visto ieri sera in un cinema ancora pressoché deserto, ad esclusione di tre o quattro nostalgici lucani un po’ attempati. Basilicata Coast to Coast, per l’appunto.

Bello, emozionante nella sua semplicità, una commedia musicale on the road, dove gli antieroi di Rocco Papaleo (qui alla prima prova dietro la maccina da presa), incarnati in una combricola di musicisti, decidono di attraversare a piedi la Basilicata, dal Tirreno allo Ionio, per partecipare al Festival del teatro-canzone di Scanzano Jonico.

Un gruppo scalcinato, quello de “Le pale eoliche”, formato dall’insegnante Papaleo, da un impenetrabile Max Gazzé, surreale bassista di tante note e nessuna parola (autore della splendida colonna sonora), dal piacente Alessandro Gassman, nonché suonatore di custodie di contrabbassi, dal tenero e debole Paolo Briguglia e dalla giornalista inversa Giovanna Mezzogiorno col compito di riprendere per una televisione parrocchiale quel viaggio picaresco che si rivelerà per tutti terapeutico, denso di imprevisti e di incontri inaspettati.

Un elogio particolare, oltre al “pane e frittata di mamma”, va però al grande Papaleo, personaggio poliedrico, nel film come nella vita, che canta, suona, recita, insegna, fa il regista. E grande soprattutto per aver suggerito pubblicamente a Bossi Jr un un «coast to coast» nel Sud Italia.


martedì 27 aprile 2010

NOBODY KNOWS ABOUT THE PERSIAN CATS




Sull’onda di letture quali I tetti sopra Teheran e Islampank, ho deciso di approfondire le mie conoscenze basilari sulla cultura underground iraniana, un universo da me prima completamente ignorato che ritengo però debba essere disseppellito, perchè è così che si combattono le guerre.

Mi sono data al nuovo cinema iraniano, incuriosita dal quinto film di Barman Ghobadi, regista iraniano di origine curda, terminato nel 2009 dopo 17 giorni di riprese e vincitore del Premio Speciale della Giuria nella sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes.

La pellicola è stata girata per intero in clandestinità, senza i permessi e le autorizzazione necessarie, per questo sembra quasi un documentario e costituisce una denuncia antiregime so per se stesso, un tentativo riuscito di fuggire la repressione delle autorità e delle istituzioni iraniane.

I protagonisti sono Nagar e Ashkan, due giovani musicisti che stanno cercando a tutti i costi di mettere su un gruppo indie rock, i Take It Easy Hospital, e di organizzare un concerto a Teheran per finanziare l'acquisto di passaporti falsi allo scopo di emigrare a Londra ed esibirsi sui palchi europei. Sembra semplice, ma non lo è: per il regime islamico iraniano, la musica è impura poichè essa procura gioia e gaiezza e ottenere le autorizzazioni necessarie, che vengono rilasciate col contagocce, è impresa ardua. Ai due non rimane che mettersi nelle mani di Nader, un trafficante tutto fare che li condurrà in quelle vie, in quegli scantinati, nelle sale prove improvvisate nelle fabbriche che

costituiscono l’universo underground di Teheran.

Un film che può piacere o non piacere, ma resta comunque interessante e da vedere in quanto opera d’arte “arrabbiata” e in quanto simbolo di un valore di per se stesso che va al di la della dimensione artistica.

(Il titolo non è casuale : come in Iran è vietato portare fuori sia i cani che i gatti, allo stesso modo i ragazzi protagonisti del film sono costretti a nascondersi per suonare la loro musica, virtualmente proibita dalle autorità).


I Gatti Persiani (Iran, 2010)


Distribuzione: Bim


Regia: Bahman Ghobadi


Cast: Nagar Shaghaghi, Ashkan Koshanejad, Hamed Behad


Sceneggiatura: Bahman Ghobadi, Roxana Saberi, Hossein M. Abkenar


Fotografia: Turaj Aslani


Montaggio: Hayedeh Safiyari


Genere: drammatico


Durata: 101 min.



venerdì 23 aprile 2010

L'ALBERO DELLE LATTINE




“L’ASPETTO PiÚ CORAGGIOSO DEGLI UOMINI É CHE CONTINUANO A VOLER BENE A CREATURE MORTALI ANCHE DOPO AVER SCOPERTO CHE ESISTE LA MORTE”


Parla dI morte, quella fisica ma anche quella emotiva, ma non è triste. L'ultimo romanzo della vincitrice del premio Pulitzer Anne Tyler (nella foto a sinistra), The Tin can Tree, ovvero L'albero delle lattine, edito da Guanda, esplora con delicateza e con stile sfolgorante

il dolore universale provato dalla piccola gente comune, con tutti gli annessi e connessi.

Janie Rose, la figlia minore dei Pike, muore a soli sei anni a causa di una banale caduta da un trattore. La vita della casa trifamiliare dal tetto di latta che ospita la sua famiglia e i vicini viene inevitabilmente alterata e sconvolta da questo evento.

Gli equilibri, costruiti faticosamente prima di allora, vengono improvvisamente alternati, trasformando la vita corale in un insieme di cupi microcosmi scombussolati, dove esistenze emotivamente paralizzate reagiscono al dolore ognuno a proprio modo. C’è chi vaga alla ricerca di attenzioni, come Simon, il fratello maggiore di Janie Rose, che ha la sensazione di essere diventato improvvisamente invisibile agli occhi di tutti, o come Joan, che reclama più attenzioni da James che invece le concentra sul fratello Ansel, ipocondriaco, che a sua volta è terrorizzato dal fatto che se dovesse morire nessuno se ne accorgerebbe e nessuno piangerebbe la sua morte. C’è chi tenta la fuga, una fuga mentale come quella di Ansel, una fuga fallita come quella di Joan, una fuga riuscita come quella di Simon, la fuga dal passato di James, la fuga nel silenzio e nella paralisi della Signora Pike, la fuga nel lavoro del Signor Pike.

Il tutto condito con un’attenzione minuziosa e quasi fotografica ai dettagli in cui nessun particolare sfugge alla descrizione. Come finisce? E’ proprio questo il problema…..in realtà non finisce. Dolorosa manchevolezza.

DETTAGLI TECNICI:

Titolo: L'albero delle lattine

Titolo originale: The Tin Can Tree

Genere: Narrativa Straniera

Autore: Anne Tyler

Traduzione: Laura Pignatti

Editore: Guanda

Anno di pubblicazione: 2010

Collana: Narratori della Fenice

Informazioni: pg. 250

Codice EAN: 9788860887719

Prezzo di copertina: € 16,00

COMMENTI:

"Quando esce un nuovo romanzo di Anne Tyler bisogna lasciar perdere tutto e comprarlo subito. E naturalmente leggerlo." [Nick Hornby]

"Una prosa che ci emoziona e ci incanta. Ogni volta." [D di Repubblica]

domenica 11 aprile 2010

OGNI COSA E' ILLUMINATA


Tanto bello quanto strano. Bello il film, bella l’idea, bella la colonna sonora, belli i personaggi. Bello. Tratto dal romanzo omonimo, opera prima dell’esordiente Jonathan Safran Foer, Ogni cosa è illuminata ti prende per mano e ti conduce dritto dritto on the road, in un viaggio nelle campagne Cieche e Ucraine alla ricerca del passato. Un film per chi cerca e per chi colleziona ricordi.

Tutto inizia quando Jonathan, o per alcuni JonFen, giovane americano di origini ebraiche, si mette alla ricerca di Augustine, una donna che salvò la vita al nonno ai tempi del nazismo, per riportarle un ciondolo di ambra con cavalletta incastonata. Per questo motivo decide di abbandonare temporaneamente gli Stati Uniti e di partire per Trachimbrod, in Romania, dove, in compagnia di una guida locale (Aleksandr), di uno strano autista (il nonno di Aleksandr) e del loro cagnolino (Sammy Davis Junior Junior), si metterà alla ricerca del passato.

Condite il tutto con tre pizzichi di humour, un paesaggio fantastico che conserva ancora, o “colleziona” (termine forse più appropriato), tracce del proprio passato bellico, e con un’originale musica balcano-yddish che ti esalta e ti spinge all’azione mentre, contemporaneamente ti trascina per mano tra le braccia amorevoli di una malinconia sconfinata. Gli artefici di tutto questo sono per lo più i Gogol Bordello, Paul Cantelon e Leningrad ma qui sotto trovate tutte le tracce:

1. Paul Cantelon–Odessa Medley 


2. Leningrad–Zvezda Rok-N-Rolla 


3. Csokolom–Amari Szi Amari 


4. Leningrad–Dikiy Muzhchina 


5. Paul Cantelon–Prologue/Babushka 


6. Paul Cantelon–Little Jonathan/The Wall 


7. Gogol Bordello–Bublitschki 


8. The Con Artists feat. Peter Miser Ya-takoy 


9. Leningrad–Malen'kiy Mal'chik 


10. Tin Hat Trio–Fear of the South 


11. Paul Cantelon–River Of Collections 


12. Paul Cantelon–Tank Graveyard/Valse de Suzana/Dee-yed 


13. Paul Cantelon–Sunflowers 


14. Paul Cantelon–War Is Love/eta-Ya 


15. Paul Cantelon–Trachimbrod/Ressurection/Requiem 


16. Paul Cantelon–Inside-Out 


17. Gogol Bordello Start Wearing Purple

mercoledì 7 aprile 2010

LE NOTTI DI TEHERAN






Lo consiglio a tutti.
Un viaggio in un altrove lontano fa sempre bene all'anima.
E aiuta a capire quello che succede dentro e quello che succede fuori.




Un romanzo poeticamente politico di Mahbod Serali, in cui il giovane Sasha racconta in prima persona le sue vicende, le sue esperienze universali e le sue lotte.

Ambientato nei repressivi anni ’70, in quella parte di paese che non si piega al regime, Le notti di Teheran è un libro tenerissimo che sorprende per la sensibilità maschile che fa emergere e che riesce ad avvicinare il lettore a un Iran comunemente dipinto come lontanissimo dai nostri usi e consumi quotidiani. Cosa che in realtà non è, perché la natura umana e i sentimenti che da essa scaturiscono sono gli stessi, in ogni dove e in ogni quando.

Nel 1973 Pasha ha 17 anni e ha ancora un anno davanti da trascorrere in una scuola superiore di Teheran, prima della sua probabile partenza per qualche università statunitense. E’ in questo ultimo anno che accade tutto. Accade che scopre il mondo, i libri, le sigarette, le stelle, le viette di Teheran di notte viste dall’alto del suo tetto, l’amicizia, l’amore per Zari, la ragazza della porta accanto, scopre il fermento politico iraniano, il regime, il dolore e poi ancora l’amore.

Bello da piangere. E da ridere, ovviamente. Perchè anche l'ironia è importante in questo mondo.


Titolo: LE NOTTI DI TEHERAN
Titolo originale: Rooftops of Teheran
Genere:
Narrativa Straniera
Autore:
Mahbod Seraji
Editore:
Newton Compton
Anno
di
pubblicazione: 2010
Collana:
Nuova narrativa Newton
Pagine:
336

giovedì 18 febbraio 2010

martedì 16 febbraio 2010

lunedì 15 febbraio 2010

SECONDO GIORNO E MANTENGO FEDE ALLA PROMESSA.

Come promesso ieri, ho intenzione di portare avanti il mio progetto di creare un gioiello al giorno con molta dedizione e disciplina. 


Per cui...avrei pensato alla...
...COLLANA MODELLO WILMA...


IL MAGO DI LUBLINO


Sullo sfondo una Polonia ebraica, Varsavia, la campagna e un variopinto quadretto di generi umani. In primo piano Yasha, il mago di Lublino, un funambolo lacerato dentro, un celebre prestigiatore, un fantastico illusionista, un travagliato ipnotizzatore, maestro nell'arte di aprire serrature e nel sedurre le donne.

Yasha è un esterno, un diverso, un coltivatore vagabondo di dubbi con una propria religione che insegue ed è inseguito dall’eccesso supremo. Fino all’estremo.

Poi, Dio.

Yasha, così come Siddarta, si trasforma in eroe. Fugge dalla lussuria in cui si trova invischiato e ritorna nel villaggio natio, dove si fa murare all’interno di quattro pareti, rinunciando al Desiderio e rifugiandosi in Dio, in una sorta di auto-reclusione espiatoria.

Ambientato in Polonia, anche in questo libro Singer si concentra sull’universo interiore dei personaggi, compiendo con loro un percorso di crescita, denudandoli, esponendoli al ridicolo e, infine, per lo più, risolvendoli. Il Mago di Lublino da ateo conoscitore dei testi sacri ebraici, inizia a scorgere Dio in ogni cosa, in ogni dettaglio, trasformandosi in credente praticante, venerato da pellegrini che giungono a lui da ogni parte del mondo. In realtà, per Yasha non si tratta di santità, ma dell’unico modo per controllare realmente i propri impulsi. Interessante…anche se, forse, in profondità, irrisolto.

"PELLE" di Erica Zanin

"PELLE" di Erica Zanin
Un romanzo in vendita su www.ilmiolibro.it

"PELLE", il mio primo romanzo che consiglio a tutti!

Siamo nella Milano dei giorni nostri, in quella zona periferica che da Greco conduce a Sesto San Giovanni. In un autobus dell'ATM, un autista, ormai stanco del suo lavoro, deve affrontare una baby gang che spaventa i suoi passeggeri. Si chiama Bruno ed è uno dei tanti laureati insoddisfatti costretti a fare un lavoro diverso da quello da cui ambivano: voleva fare il giornalista e invece guida l'autobus nella periferia di Milano. Ma non gli dispiace e non si lamenta. E' contento lo stesso: è il re del suo autobus e i suoi passeggeri sono solo spunti interessanti per i racconti che scrive. Li osserva dallo specchietto retrovisore, giorno dopo giorno, li vede invecchiare, li vede quando sono appena svegli e quando tornano dal lavoro stanchi morti, e passa il tempo ad immaginarsi la loro vita. Finché nella sua vita irrompe Margherita, con la sua vita sregolata, con i suoi problemi di memoria, con i suoi segreti. E tutto cambia. Fuori e dentro di lui.