giovedì 28 aprile 2016

Money Monster: quando il rapporto con i soldi diventa difficile


TitoloMoney Monster - L'altra faccia del denaro
Titolo originale: Money Monster
Genere: thriller
Regia: Jodie Foster
Sceneggiatura: Alan DiFiore, Jamie Linden, Jim Kouf
Fotografia: Matthew Libatique
Scenografia: Deborah Jensen
Attori principali: Julia Roberts, George Clooney,
 Dominic West, Jack O'Connell, Caitriona Balfe
Anno: 2016
Durata: 95 minuti
Distribuzione: Warner Bros.
Data uscita in Italia: 12 Maggio 2016

“Io interpreto il capo delle pubbliche relazioni di un’azienda di trading ad alta frequenza. Questa storia pone due belle domande: come funziona il nostro sistema finanziario e cosa stiamo facendo come società?“Julia Roberts in un'intervista a Marie Claire.




Sapete quanti risultati potete ottenere impostando come termine di ricerca su su google "come fare soldi"? Ve lo dico io: 372.000, soltanto in italiano.
Questo vuol dire che 372.000 siti sono pronti a rivelarvi i segreti per vivere da nababbi, che questo implichi azioni più o meno immorali.

E il denaro è sempre più spesso protagonista principlale dei film degli ultimi anni, lo abbiamo visto per esempio nel mio post precedente su La Grande ScommessaSarà perchè, in fin dei conti, tutte le azioni umane sono mosse da tre cose fondamentali, ovvero amore, odio e denaro?


Fatto sta che si parla di soldi anche in Money Monster - L'altra faccia del denaro, il film girato dall'attrice e regista Jodie Foster che uscirà nelle sale italiane il 12 maggio 2016.

Un thriller drammatico/coinvolgente con una storia travagliata alle spalle. Basti pensare che se ne è cominciato a parlare già agli inizi del 2012 ma la produzione è stata posticipata fino alla fine di febbraio 2015, quando a New York sono inziate le riprese.

Dopo il successo di Mr.Beaver che ha confermato definitivamente la sua carriera di regista, alla Foster spetta ora il compito di dirigere due attori che sono ormai entrati nella mitologia Hollywoodiana: sto parlando dell'accoppiata George Clooney e Julia Roberts, di nuovo insieme dopo Ocean's Twelve. Senza contare il resto del cast, del quale fanno parte Jack O’Connell, Caitriona Balfe, Dominic West, Emily Meade ed Olivia Luccardi, nonchè Giancarlo Esposito e Caitrona Balfe, due vecchie conoscenze degli appassionati di serie tv (rispettivamente il Tom Neville di Revolution e la Claire Randall di Outlander).

Money Monster è infatti il nome del programma televisivo di successo che sta conducendo
Lee Gates (George Clooney), quando viene fatto ostaggio da un uomo armato che lo accusa di avergli dato cattivi consigli di investimento, causa principale della sua bancarotta. MIlioni di telespettatori vedono la scena trasmessa in diretta.

Il ruolo di supereroe questa volta spetta a Patty Fenn (Julia Roberts), la produttrice dello show, ma le verità nascoste sono sempre in agguato.

Ma più che una storia di rapimento, Money Monster è la battaglia di un uomo disperato in cerca di spiegazioni per ciò che gli è accaduto, perchè la semplice risposta “È stata colpa di un algoritmo, è così che vanno le cose” non gli è bastata. E' per questo  che decide di prendere in ostaggio Lee Gates, un venditore televisivo che si è arricchito grazie a una serie di investimenti.

Staremo a vedere!


mercoledì 27 aprile 2016

La grande scommessa: e se non dovesse andare tutto bene?


Titolo originale: The Big Short
Regia: Adam McKay
Cast: Brad Pitt, Christian Bale, Ryan Gosling, Steve Carell, Marisa Tomei
Genere: Drammatico
Anno: 2015
Paese: USA
Durata: 130 minuti
Uscita al cinema: 7 gennaio 2016
Incasso totale Usa: 70.054.000 dollari





“Non è ciò che non conosci che ti mette nei guai, è ciò che dai per certo che non lo è...”, Mark Twain.



L'ho visto qualche mese fa ma non avevo ancora avuto il tempo di metabolizzarlo e recensirlo. Il risultato? Ne stavo parlando con un amico e già mancavano dei pezzi nella mia mente.

Quindi eccomi qui a parlare di La Grande scommessa, per imprimere a lungo nella mia memoria le vicende dell'eccentrico Dr. Michael Burry (Christian Bale), un genio della finanza che si accorge per primo dell’estrema instabilità del mercato dei mutui subprime (concessi con rischio altissimo e tasso d’interesse variabile) e scommette contro tutto e tutti sul crollo del settore immobiliare americano. La grande scommessa del titolo, appunto.

Burry viene però deriso dalla maggior parte dei giovani lupi delle grandi banche d’affari cui va a proporre le sue tesi di investimento e cui lancia l’idea di scommettere sullo scoppio della bolla immobiliare creando un mercato di CDS (Credit default swap), una sorta di assicurazione sul mancato rimborso dei titoli immobiliari, che permette agli investitori di guadagnare, anche se non titolari del rischio coperto dal derivato, e quindi in grado di procurare grandi ricavi al momento della crisi. Se crolla il mercato, e crollano i titoli, loro diventano ricchi.


Tra i primi a credere alle idee apparentemente strampalate di Burry c'è l'affascinante broker Jared Vennett (Ryan Gosling), a sua volta in contatto con Mark Baum (Steve Carell), trader in perenne conflitto coi pezzi grossi di Wall Street.
E, sullo sfondo, si assiste alla scalata di due giovani imprenditori, Jamie Shipley (Finn Wittrock) e Charlie Geller (John Magaro), aiutati dal broker in pensione Ben Rickert (Brad Pitt).

Nel frattempo Burry è ostacolato con ogni mezzo proprio dai suoi investitori che, in pochissimi anni, intenteranno causa contro di lui, nella convinzione diffusa che “andrà tutto bene”: non esiste teoria più assurda a cui credere nel 2006, anno in cui il settore immobiliare era più solido e florido che mai.
Finché invece, nel 2008, anno dell’Apocalisse finanziaria (Doomsday, appunto) del mondo occidentale, qualcosa non va male e la ruota si ferma veramente.

Un film intelligente, basato sul libro-inchiesta del 2010 di Michael Lewis, The big short: inside the Doomsday machine. E una genialità vulcanica e strepitosa quella di Adam Mckay, dimostrata sia come regista che come sceneggiatore, che gli è valsa anche un Oscar e che ha sicuramente contribuito a conferire ritmo e spensieratezza alla storia di uno dei più grandi disastri finanziari di sempre, riuscendo, perlopiù, a introdurre gli spettatori in un mondo spietato, potente e dispotico, fatto di cartapesta.

Seppur magistralmente curato nei minimi dettagli, l'economia e la finanza rimangono temi complicati da trattare, sia perché mutano continuamente e in maniera piuttosto impetuosa ed imprevedibile, sia perché implicano l'utilizzo di termini tecnici e dettagli che potrebbero creare dei problemi e fare perdere il filo dagli eventi, riducendo la comprensione e l'attenzione dello spettatore.

La pellicola si serve di efficaci espedienti per renderli comprensibili anche a chi ha poca dimestichezza con la finanza e si assiste a scene fantastiche dove i concetti di finanza azionaria vengono introdotti in una maniera veramente poco tradizionale. Come quando Burry prepara una zuppa di pesce per dimostrare cosa sono i CDO, o Margot Robbie spiega cosa sono le cartolarizzazioni sorseggiando champagne in una vasca da bagno. O ancora, come quando Selena Gomez mostra cosa stava succedendo nei mercati finanziari seduta al tavolo della roulette.

Ma, nonostante tutti gli sforzi di semplificazione, La grande scommessa rimane un film per gli amanti del genere e per chi ama film impegnativi.

La lezione che ci portiamo a casa? Semplice e dolorosa, perché tutto sommato, era sufficiente osservare per rendersi conto che sarebbe successo, ma, come si dice anche nel film, la verità è come la poesia: a nessuno frega niente della poesia.

martedì 26 aprile 2016

Ammaniti e il punto di vista femminile




Titolo: Anna
Autore: Niccolò Ammaniti
Editore: Einaudi
Pagine: 280 pp.
Pezzo: 19 euro



“Alla fine non conta quanto dura la vita, ma come la vivi. Se la vivi bene, tutta intera, una vita corta vale quanto una lunga”.  
"Bisogna andare avanti, senza guardarsi indietro, perchè l'energia che ci pervade non possiamo controllarla e anche disperati, menomati, ciechi, continuiamo a nutrirci, a dormire, a nuotare contrastando il gorgo che ci tira giù".

Siamo in Sicilia, nel 2020 o, meglio, in un futuro senza futuro dove quasi tutti gli adulti sono stati colpiti e uccisi da un terribile virus chiamato “La Rossa”. Solo alcuni bambini e preadolescenti sono riusciti a sopravvivere, ma il loro destino è segnato e neanche loro andranno oltre l'età dello sviluppo. Una situazione post-apocalittica in cui Anna e il suo fratellino Astor cercano di sopravvivere continuando a lottare quotidianamente contro altri ragazzini che, per fame e disperazione, si sono trasformati in assatanati.

Anna dovrebbe avere circa 13 anni ma non lo sappiamo di preciso, perché gli orologi sono rotti e non c’è più elettricità. Quello che sappiamo è che non ha ancora avuto “il sangue scuro che ti esce dalla topina”, quella cosa che normalmente si festeggia perchè sancisce il passaggio all'età adulta ma che in questa situazione fa solo paura perché significa diventare grandi, e con "La Rossa" i grandi muoiono.
Dei suoi genitori è rimasto solo il "quaderno delle cose importanti", scritto dalla mamma di Anna.


La missione dei due fratellini è raggiungere lo stretto di Messina e lasciare l'isola perché forse fuori, nel continente, c’è una cura. Per questo intraprendono un lungo viaggio da Castellammare a Messina, attraverso viadotti autostradali deserti, tra capannoni e centri commerciali marciti e tra i veleni e i palazzi devastati dai saccheggi.
Finché lo raggiungono veramente il mare, con il suo sciabordio e con il suo richiamo simile a quello di un ventre materno cui potersi affidare.
Perché vivere è andare avanti senza guardarsi indietro.


Una scrittura potente e tumultuosa quella di Ammaniti, che si contraddistingue proprio per la sporca schiettezza con cui riesce a intrecciare le storie più inverosimili partendo dai contesti più ordinari, anche se il crudo realismo delle descrizioni a volte spaventa e indispone. Così come affascina.

Senza contare che Anna è la prima protagonista donna dello scrittore, che in questo libro ha cercato appunto di raccontare il mondo adottando un punto di vista femminile: "Era come se qualcuno la osservasse dall'alto e scrivesse la sua storia inventando modi sempre più crudeli per farla soffrire. La metteva alla prova per vedere quando avrebbe mollato...", ha spiegato Ammaniti in un'intervista.

E infatti Anna è una donna forte, tenace, senza paura, una sorta di principessa guerriera, di quelle che oggi vanno tanto di moda, anche se poco riflessiva, perché "la vita è più forte di tutto".

Un romanzo di formazione che richiama molta letteratura young adult, dal Signore delle mosche di Golding, a Salinger, così come anche Dickens. Ma anche un lungo racconto pieno di avventure, che ha il pregio di riuscire a farti immergere subito in una realtà diversa, completamente.

domenica 20 marzo 2016

Ci si abitua a tutto, anche a Pinketts


Autore: Andrea G. Pinketts
Titolo: Il senso della frase
Editore: Feltrinelli
Pag.: 248
Anno: 2006 (1995 prima ed)
Genere: mah!!
ISBN 978880781336

Sito web dedicato all'autore: http://www.pinketts.com



"Ci si abitua a tutto. Altrimenti si muore. E quando siamo morti sono gli altri ad abituarsi all'idea della nostra morte."









Scritto da Andrea G. Pinketts prima che si vendesse a programmi televisivi di dubbio gusto, e pubblicato nel 1995, Il senso della frase è un libro difficile da collocare. Non si può parlare propriamente di giallo, perché grottesco, né di autobiografia, perché sfocia in un thriller pieno di misteri, morti, sparatorie e via dicendo.
Potremmo forse definirlo un libro "variabile", credibile-incredibile, di certo stravagante e mai banale, un libro dal tipico "non-senso" meneghino, anche se in alcuni tratti lento e poco scorrevole, caratterizzato da un certo fascino alcoolico e da una dimensione borderline in cui finzione e realtà sembrano fondersi e confondersi.

Ambientato nella Milano labirintica degli anni ottanta, familiare ma oscura, accogliente ma misteriosa, divertente ma surreale teatro metropolitano degli errori e degli orrori, Il senso della frase è un vero e proprio sciroppo contro la convenzionalità

Il protagonista, Lazzaro Sant'Andrea, continua a imbattersi in se stesso e nelle sue ossessioni, mentre è alla ricerca del "senso della frase" nonchè di Niki, una una donna dal naso a becco e vestita come cappuccetto rosso, che forse è morta, forse è stata uccisa, o forse sta solo fingendo di esserlo.

Circondato da un coro tragicomico di marionette perverse e costantemente in bilico, fatto di perditempo, psicologhe, ninfomani, bugiarde patologiche, squadre di assassini su pattini a rotelle, babbi natali omicidi, Lazzaro non è solo una creatura di Pinketts, ma è Pinketts stesso, quell'eroe immaturo e geniale, il cavaliere pieno di paure, il mantenuto che mantiene i propri vizi, non si sa come.

Insomma una trama fatta di situazioni surreali a cui si alternano introspezioni, una trama che fa sì che la storia passi così un po' in secondo piano, tanto l'unica realtà è quella delle bugie erette da Nicky. E quella dei virtuosismi linguistici di Pinketts, che, con la sua scrittura iperbolica e con i suoi giochetti verbali, si diverte a plasmare le parole a suo piacimento, usandole come campi di battaglia dai significati molteplici e peculiari.

Un romanzo circolare che inizia e finisce parlando di niente, pur contenendo un mondo intero, con una memorabile conclusione che riprende la prima frase dell'incipit: "Non so sciare, non so giocare a tennis, nuoto così così ma ho il senso della frase".

Di certo Pinketts ha il senso della frase, lo usa a meraviglia e per nostra delizia anche in questo romanzo che viene considerato il manifesto letterario dello scrittore milanese, da lui stesso definito come "La cosa più utile che sia mai stata scritta dopo le istruzioni per l'uso della nitroglicerina".

sabato 12 marzo 2016

Dio esiste e vive a Bruxelles, tra miracoli ed eresie


Titolo originale: Le Tout nouveau testament 
Paese e data di uscita: Francia, Belgio 2015
Genere: Commedia
Durata: 113'
Regia: Jaco Van Dormael
Attori principali: Benoît Poelvoorde, Yolande Moreau, Catherine Deneuve, Pili Groyne, Laura Verlinden, Johan Leysen, Viviane de Muynck, Johan Heldenbergh
Genere: Commedia
Distribuzione: I wonder pictures



Prete: Dio ci dice: 'Ama il prossimo tuo come te stesso'.

Dio: Mai detta una cosa simile.

Prete: Come?

Dio: Non l'ho mai detta.


"Se un giorno trovi la donna della tua vita sta pur certo che non passerai la tua vita insieme a lei!"





Sia benedetto il cinema Rondinella d Sesto San Giovannni e i suoi film d'élite, tra i quali questa settimana era previsto anche Dio esiste e vive a Bruxelles (Le tout nouveau Testament). Un film che ha destato molta curiosità e notevole interesse, diretto e co-sceneggiato da Jaco Van Dormael, il regista belga con alle spalle film come Toto le héros - Un eroe di fine millennio, L'ottavo giorno e Mr. Nobody, che tra l'altro in questa pellicola fa anche l'attore (è l'uomo che viene investito da un autobus).


Il fulcro comico del film è proprio Dio (Benoît Poelvoorde) che vive in maniera defilata in un modesto trilocale a Bruxelles, con una moglie eccessivamente remissiva e una figlia che comanda a bacchetta. Un Dio molto umano e poco onnipotente, un po' burino e sadico, che dirige le sorti della razza umana dalla tastiera del suo mega computer e si diletta a scatenare le peggio cose sulla sua Creazione, tanto che il figlio Gesù ha preferito morire piuttosto che rimanere chiuso sotto il suo stesso tetto per l'eternità.

Il giovane Gesù, anzi JC come viene chiamato nel film, appare infatti fondamentalmente come un hippy ribelle che ha preferito fondersi con l’umanità (con l’epilogo che tutti conosciamo), piuttosto che rimanere alla destra del padre che ne parla come di un poco di buono che è stato solo bravo a farsi inchiodare su una croce.

Il vero canale della rivoluzione è invece Ea (Pili Groyne), la figlia di Dio (non il figlio, vi rendete conto??) e voce narrante delle vicende del film, che oltre a muovere oggetti con la forza del pensiero e camminare sull'acqua, ha un dono speciale: sente la musica che c’è dentro ciascuno di noi.

Ea (che poi non è altro che Dea senza la d), stanca degli atteggiamenti egoistici, sadici ed imprevedibili del padre, decide di giocargli un tiro mancino e di mettere una pezza al suo lavoro, mettendo fuori uso il suo computer, non prima di aver restituito agli uomini la coscienza della propria morte con un sms che svelerà ad ognuno la data della propria fine.

Ma non solo: Ea decide di seguire le orme del ' fratellone ' e fuggire dal padre-padrone, rifugiandosi sulla terra. La fervida fantasia del regista la farà evadere tramite una lavatrice in un self service: ma sarà proprio quello dove andavo io a lavarmi la biancheria quando facevo lo stage a Bruxelles?.
Obiettivo del viaggio: raggruppare sei apostoli da aggiungere ai dodici del fratello JC (Gesù) e dedicarsi alla stesura del “Nuovo nuovo testamento“.

Si tratta di sei discepoli contemporanei, che si ergono quasi a rappresentanti del presente con le loro umane debolezze, spaziando dall’assassino all’erotomane, dalla ragazza con il braccio di porcellana al commovente e liberatorio il personaggio di Willy, il ragazzino che sapendo di avere solo 54 giorni di vita si presenta a scuola vestito da ragazza con uno sgargiante vestitito rosso. Grazie alla piccola Ea, raggiungeranno uno stato superiore di maturazione e di consapevolezza.



Insomma, un film fantasioso, ardito, bizzarro, dissacrante, atipico, inaspettato, coraggioso, assurdo, intelligente, divertente, contro corrente, che fa pensare, con un canovaccio narrativo ambizioso strutturato sulla base delle sacre scritture (Genesi, Esodo…).

Molteplici i riferimenti a Il favoloso mondo di Amélie, il film di Jeunet, come ad esempio gli effetti speciali che spuntano in maniera inattesa, gli animali che entrano nella scena o le sequenze surreali che danno colore al film. Anche la colonna sonora entra a far parte della trama, più che limitarsi a fare da mero sfondo.

Ma anche una tragicommedia surreale, costituita, con ironia amara, da tante intuizioni e scene esilaranti che spesso portano a riflettere non solo sulla stupidità umana (o Divina) ma anche sul proprio modo di vivere la vita.
Dobbiamo forse dedurre che Dio non esiste e che siamo stati scaraventati sul pianeta in balia del caso? con una Dea le cose andrebbero molto meglio?

Poi ci sono altre cose che viene da chiedersi, tipo ma il Papa l'ha visto?

Beh, quasi quasi ora sospiro semisoddisfatta lodando la nostra democrazia laica che può ancora permettersi di mettere in scena Dio!
Ma non svelo altro, c'è gente che per una parola di troppo su un film mi potrebbe anche ammazzare!

domenica 6 marzo 2016

Anomalisa e l'antiromanticismo di Kaufman














Titolo: Anomalisa
Paese e anno di uscita: USA, 2015)
Regia: Charlie Kaufman e Duke Johnson
Attori principali: Jennifer Jason Leigh, Tom Noonan e David Thewlis
Genere: animazione
Durata: 90’

«Forse la vera lezione da imparare è che non ci sono lezioni».




«Some boys take a beautiful girl
and hide her away from the rest of the world
I want to be the one to walk in the sun
oh girls they want to have fun
oh girls just want to have».

Cyndi Lauper - "Girls just want to have fun" -


Devo dire che Anomalisa mi ha lasciato veramente interdetta. Mi aspettavo grandi cose da questo film americano di Animazione Stop-Motion, conosciuto anche con il titolo di Piccole cose di Anomalisa. In primis perché è il primo film d'animazione R-rated (è stato classificato in Usa come Restricted e quindi vietato ai minori di 17 anni per "contenuti sessuali, nudità e linguaggio") ad essere nominato agli Oscar, oltre ad essere stato l'unico film di animazione in concorso nella 72ª edizione della Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia. In secondo luogo perché è il secondo film diretto da Charlie Kaufman (il primo in stop-motion), anche se a quattro mani con Duke Johnson.
In terzo luogo perché il film è stato finanziato attraverso Kickstarter.com e realizzato con un budget stimato sugli 8 milioni di dollari. Inoltre se ne parla come di "un gioiello per scrittura, tecnica ed intensità", la pellicola è stata superosannata da blogger e critici e, per finire, è stato girato in stopmotion, impiegando cioè dei pupazzi creati con una stampa in 3D. E infatti, forse non a caso, il mondo di Michael è popolato di persone che paiono fatte con lo stampino,

Il problema, per quanto mi riguarda, sta nel fatto che quello che inizialmente era stato concepito come un breve cartone animato per adulti da 40 minuti, alla fine è diventato una pellicola da 90 minuti, con gli stessi contenuti, ma a rallenty. La trama procede così troppo lenta attraverso piccole cose, anche banali, verso un'anomala storia d'amore, amarissima, culminante in un finale di rara cupezza ed ansietà.

Michael Stone, marito, padre e famoso autore britannico del manuale di autorealizzazione "How May I Help You Help Them?", è un uomo irrequieto, stanco della monotonia della sua vita. Durante un viaggio d’affari a Cincinnati, dove deve tenere una conferenza sulla gestione dei servizi clienti, pernotta al lussuoso hotel Fregoli. Già il nome dell'hotel presagisce quanto accadrà, perché il delirio Fregoli è una sindrome rara, in cui il paziente crede che più persone siano in realtà la stessa persona sotto mentite spoglie, una sorta di stalker "sovrannaturale".

Qui scopre un' "anomalia" incarnata da Lisa, appunto un'ANOMAlisa, una sua giovane e timida fan, rappresentante di una ditta di dolci, una donna semplice che rappresenta una possibile via d'uscita dalla sua disperazione. Se le persone che popolano il mondo di Michael hanno tutte la stessa faccia e la stessa voce, Lisa è diversa, nella sua impacciataggine e goffaggine e con il suo aspetto e modi di fare non particolarmente piacevoli.

Ma proprio quando da film disperato sembra aver imboccato la strada della love story a lieto fine, un'inversione a U palesa la circolarità del destino dei personaggi, persi in un loop da cui è impossibile uscire. Con il risveglio finale di Stone la mattina dopo la sua grande notte con Lisa e con il suo ritorno a casa, ricomincia infatti il lento soccombere ai compromessi della vita adulta, alternato da fughe e tentativi di trovare qualcosa di diverso, qualcosa in grado di spezzare la monotonia.


Dopo una prima parte con qualche problema in termini di ritmo che comunque rende bene l'idea della monotonia e dell'ansia crescente del protagonista, con l'entrata in scena di Lisa la pellicola pare acquistare una marcia in più, sfociando in una scena d'amore tra le più particolari mai viste al cinema, con una scena di sesso che ha richiesto sei mesi lavoro per ragioni tecniche al fine di farla sembrare realistica anziché comica.

La lentezza del film, tra l'altro, è esasperata dal fatto che, con l'eccezione dei due personaggi principali, Lisa Hesselman e Michael Stone, ogni altro personaggio (maschile e femminile) è doppiato da Tom Noonan (in italiano da Stefano Benassi). Senza contare anche che Michael compare in ogni scena del film, tranne nell'ultima e che è condannato a sentire sempre la stessa voce maschile uscire dalle labbra dei suoi interlocutori, che siano uomini, donne, vecchi, bambini e persino personaggi di finzione all'interno di un film.


Insomma, per quanto geniale a tratti, Anomalisa è un film molto lontano dalle mie corde, troppo criptico e lento per essere goduto appieno.

lunedì 25 gennaio 2016

The Lobster e il cinema dell'assurdo di Lanthimos


Regia: Yorgos Lanthimos
Sceneggiatura: Yorgos Lanthimos, Efthymis Filippou
Cast: Colin Farrell, Rachel Weisz, Léa Seydoux, Olivia Colman, Jessica Barden, John C. Reilly, Ben Whishaw, Angeliki Papoulia, Ariane Labed
Durata: 118 min.




-“Dovrà trovare una persona uguale a lei. Se non ci riuscirà, retrocederà al regno animale. Per sempre. Che cosa desidera diventare, eventualmente…”

-“Un’aragosta”.

Ricchissimo di spunti interessanti e premiato con premio della Giuria all’ultimo festival di Cannes, The Lobster è il quarto film di Yorgos Lanthimos, regista greco pressoché sconosciuto in Italia, la cui spietatezza, si dice in giro, è paragonabile a quella di Lars von Trier.
Si tratta infatti del suo primo lavoro girato in lingua inglese, con un cast internazionale che, oltre a un Colin Farrell pressoché irriconoscibile, annovera anche Rachel Weisz, Léa Seydoux, Olivia Colman e Angeliki Papoulia.

David (interpretato da un ottimo Colin “panzetta” Farrell perfetto per quel ruolo) ha quarantacinque giorni di tempo da trascorrere in un albergo creato appositamente per single come lui in un mondo in cui, a nessuno, uomo o donna, è permesso di vivere da solo.
Se alla fine del soggiorno, non avrà trovato la propria anima gemella lo scotto da pagare sarà la trasformazione in The Lobster, ovvero l’aragosta, l’animale che David ha dichiarato di voler diventare prima di essere accolto nella struttura: l'aragosta è pur sempre un animale longevo, fertile per tutta la durata della vita e che vive in mare, ambiente che a David piace moltissimo e questo a lui sembra bastare. Insomma, un po' come se l’alternativa al trovare un’anima gemella fosse diventare animali e, non a caso, ad accompagnare David in questo percorso c'è il suo bel cane, che in realtà si scopre essere stato in origine il fratello, poi trasformato perché non in grado di trovare la partner giusta per lui.

Siamo in un futuro prossimo non meglio specificato, in un luogo fisico non meglio identificato. Siamo in una realtà sociale distopica in cui, la società non permette agli esseri umani di restare single per cui vedovi/e e amanti abbandonati vengono immediatamente catturati e ricoverati in un hotel. Non solo si deve stare in coppia ma è necessario che la coppia sia sintonica e vada piacevolmente d’accordo. Poche e semplici norme sono state create per favorire il controllo dei comportamenti, che è più difficile se le persone vivono da sole. Un mondo senza più amore e affetto che ha però bisogno di dimostrare il contrario, in cui le unioni sono basate su falsità mascherate da intese perfette. Un mondo in cui in caso di crisi, alla coppia viene fornito un bambino e comunque i figli vengono “annessi” alle coppie già grandicelli e hanno il compito a priori di tenerli uniti. Un mondo in cui si va anche a caccia: si spara ai single integralisti e come premio si guadagnano giorni di permanenza in più e quindi maggiore opportunità di trovare il partner adatto.

Dopo un tentativo mal riuscito di formare una coppia con una donna senza cuore, David scappa dall’hotel e trova rifugio nella foresta, dove viene accolto da un gruppo di ribelli, una comunità di single irriducibili scampati alla metamorfosi animalesca, nascosta in mezzo a un bosco.
Qui, tra cammelli e pavoni che un giorno furono uomini, balli grotteschi e immagini accuratamente selezionate del paesaggio irlandese del Kerry, la situazione di David non migliora però di molto: il gruppo è guidato da una fanatica e spietata tiranna (la bravissima Léa Seydoux), ben decisa a far rispettare a qualsiasi costo le regole e le strategie che i single si impongono per evitare di inciampare in quelle debolezze tipicamente umane, giungendo a odiare qualunque manifestazione di affetto e di condivisione.

Essendosi innamorato di una donna che a sua volta lo ama, a David non resta che fuggire alla ricerca di una libertà assoluta, cioè sciolta da vincoli e controlli sociali. Ma siamo sicuri che questo genere di libertà esista davvero?

Ed è così che con spirito dissacrante e anticonvenzionale Lanthimos ci da una rappresentazione assai spiazzante e crudelmente umoristica di un’umanità costretta a vivere senza libertà, in cui l’intera situazione richiama un po' le situazioni assurde, a metà tra il grottesco e l'inverosimile dei libri di Saramago, in cui lo spettatore/lettore viene catapultato e costretto ad accertarne l'inverosimiglianza.

Anche lo stampo teatrale dei dialoghi e un linguaggio nuovo, razionalistico e nero fino alla perfidia e davvero poco sentimentale ne sottolineano la folle e perversa visione.
Girato in Irlanda con luci quasi interamente naturali, il film presenta un grande schematismo che, in senso spaziale viene rappresentato dai tre luoghi in cui si svolge l'intera vicenda: l'albergo, il bosco e la città.
L'albergo è un luogo pieno di regole che funge un po' da spartiacque e da chiave di accesso agli altri due mondi: o accetti di formare una coppia o decidi di restare un solitario e di andare nel bosco. Oppure muori o diventi bestia. Nient'altro è permesso.
Il bosco rappresenta così quasi un virus, un elemento destabilizzante che diventa il simbolo della ribellione ad una condizione imposta e che, paradossalmente, si trasforma però in un'altra costruzione sociale e in cui l'uomo rimane intrappolato, ritrovandosi ad essere ancora, in ultima istanza, di fatto individualista e incapace di provare emozioni.
La città sembra invece quasi un social network, un posto dove mostrarsi sempre felici e, soprattutto, felici in coppia, e comunque, altro da se. Un mondo nel quale però anche i ribelli del bosco ogni tanto devono andare per fingersi altro da sé.
Tre piccole enclavi quindi dove la libertà alla fine non esiste.
Un film divertente, in quanto irriverentemente ironico, ma anche molto irritante perché lascia insoddisfatta la ricerca di senso logico di chi si aspetta di trovare un nesso filosofico o una specie di teorema.

Vogliamo leggerci una critica precisa alla società moderna che ci circonda, in cui tutto è fatto per due o, meglio ancora, per una famiglia? Leggiamocela.
Vogliamo leggerci una rappresentazione della precarietà dell’equilibrio di coppia, ma anche della fragilità del nostro equilibrio individuale? Leggiamocela.

In ogni caso The Lobster è un film crudo e crudele, una sorta di ordine e semplificazione sociale, in cui anche l’unica scena di seduzione risulta fredda e controllata, in cui l'uomo non ha più niente di autentico e vitale e in cui anche il sesso e la violenza appaiono freddi, meccanici e incapaci di stupire.

Il grottesco, il ridicolo, il delirante, qui si mischiano e si intrecciano con la realtà facendo oscillare in continuazione la pellicola tra l’assurdità e la verosimiglianza: Lanthimos stravolge l’abituale susseguirsi degli eventi, costringendo i protagonisti a scelte inusuali, inaspettate e perlopiù drammatiche, sfociando così in un cinema dell’assurdo. Un’insensatezza a cui, durante il film, non ci si fa neppure caso, tanto sono numerose e forti le stranezze.
Ma The Lobster è anche un film giocato sul non detto, sul non sentito (la scena in cui viene suonata pianissimo Where the Wild Roses Grow di Nick Cave e Kylie Minogue) e sul non visto (il finale). Un finale che ognuno può leggere nella maniera che preferisce.

La mancanza più grande?
Devo dirlo, Lanthimos non riesce a raggiungere quel livello di poesia che trasformerebbe il film in un capolavoro. Ma forse non vuole neanche farlo e la sua intenzione è proprio metterci davanti a un'opera quasi monumentale ma incapace di provocarti la minima emozione se non quel grandissimo stupore che assale ogni uomo che viene messo con violenza assoluta di fronte all'assurdità.

mercoledì 6 gennaio 2016

Quella sera dorata, il film perfetto per il tè delle 5


Regia: James Ivory
Attori principali: Anthony Hopkins, Laura Linney, 
Charlotte Gainsbourg, Omar Metwally, Hiroyuki Sanada
Titolo originale: The City of Your Final Destination
Genere: Drammatico
Durata: 118 min.
Uscita: Gran Bretagna, 2010



Se vivessi a New York dovrei fingere di interessarmi a tutto. Antony Hopkins

Quella sera dorata è una storia di sorvegliati rancori, di piccoli cinismi e di destini che si compiono all'insaputa dei protagonisti, un film «da tè delle 5» che sembra stato appositamente confezionato per annoiarsi con stile in un piovoso pomeriggio invernale.

Una pellicola dalla gestazione difficile visto che il regista californiano James Ivory ha impiegato quasi cinque anni per riuscire a trovare ispirazione e finanziamenti, dopo la morte di Ismail, compagno artistico e sentimentale di una vita. Alla fine però l'ispirazione è arrivata, grazie al romanzo Quella sera dorata dello scrittore americano Peter Cameron, nella cui complessità del testo il film di Ivory entra con un sapiente mix di fedeltà e di invenzione.

E subito mi domando perché il titolo del film sia stato tradotto in questo modo. Se infatti The city of your final destination è il titolo originale, così come è anche il titolo originale del libro di Peter Cameron da cui il film è tratto, Il titolo italiano è Quella sera dorata, tanto per il film quanto per il libro. Eppure nel film non c'è traccia delle parole cui fa riferimento il titolo che si trovano invece nel libro, nascoste tra i versi della poesia Santarém di Elizabeth Bishop, che introducono la seconda parte del libro, nella quale il protagonista Omar scrive un saggio critico sulla Bishop:

That golden evening I really wanted to go no farther; 
more than anything else I wanted to stay awhile

Quella sera dorata non volevo proprio andare oltre; 
più di ogni cosa volevo restare un po'


La trama è incentrata sulla storia di un giovane borsista iraniano-canadese della University of Colorado (Omar Metwally) che compie un viaggio in un piccolo ammaliante paese sudamericano, l’Uruguay, per convincere una strana famiglia di intellettuali a concedergli l'autorizzazione a scrivere una biografia dello scrittore Jules Gund, morto suicida dopo aver pubblicato il suo unico romanzo. Il lavoro gli servirà per avere un ambita borsa di studio.

Istigato dalla petulante e algida fidanzata Deirdre, che vuole per lui una carriera di successo, Omar piomba in quel piccolo gruppo di familiari dello scrittore, rifugiati in una vita immobile e avulsa dal mondo esterno e contrari chi più chi meno alla sua intrusione: da Caroline (Laura Linney), la moglie insoddisfatta, ad Arden (Charlotte Gainsbourg), l'amante giovane e fragile da cui ha avuto una deliziosa bambina, da Adam (Anthony Hopkins), il fratello omosessuale al di lui amante/compagno della vita, Pete (Hiroyuki Sanada), che ha portato adolescente a condividere una vita reclusa, scelta dai genitori dello scrittore, in fuga dalla Germania nazista.

Tutti sembrano sospesi in un cerchio magico, in cui sono capitati per caso, rintanati in una casa di campagna in cui continuano a sopravvivere antichi rancori, circondata dall'incanto del paesaggio dell'Uruguay letterario e magico di Peter Cameron.
Un Sudamerica raccontato da Ivory in modo vivido e realistico, dove anche i ricchi sembrano giunti al capolinea e dove la vita degli abitanti è un pallido riflesso della vita passata. E Omar sembra perfettamente in sintonia con questo luogo fuori del tempo e dello spazio, dove la storia si è fermata e la sua presenza funziona inconsciamente da detonatore delle dinamiche fino allora velate.

La magnifica ambientazione e i fiumi di whisky sullo sfondo di una natura che assorbe e condiziona ogni cosa regalano numerosi spunti di riflessione: dal dilemma se vivere in uno splendido luogo isolato o nella grande città, alla scelta tra civiltà e natura, dall'isolamento e partecipazione alla storia al rapporto tra destino e scelte personali, tra sentimenti e ambizioni.


Un film esteticamente bello e emozionante, nonché elegantemente noioso, in cui oltre al tono leggero e insieme annoiato di certe commedie sofisticate, emerge chiaramente l'estetica e l'atmosfera tipica del regista, quell'"Ivory touch", che conferisce un 'aria aristocratica e patinata alle sue pellicole, ai dialoghi letterari e all'impianto teatrale, sfarzoso e ricercato.

venerdì 1 gennaio 2016

A perfect day, a perfect film



Regia: Fernando León de Aranoa
Cast: Benicio Del Toro, Tim Robbins, Olga Kurylenko,
Melanie Thierry, Fedja štukan
Titolo originale: A Perfect Day
Genere: Drammatico
Durata: 106 min.
Uscita: giovedì 10 dicembre 2015

 


"Qui pure i bambini nascono ridendo"

"Ho voluto tre attori grandi e grossi, due dei quali più alti di me (Tim Robbins e il bosniaco Fedja Stukan, ndr), per rappresentare visivamente il contrasto fra la possenza fisica di chi fa questo lavoro e l'impotenza e frustrazione che si prova in situazioni in cui ottenere risultati positivi è davvero difficile, e che ho provato anch'io in zone di guerra in cui il mio metro e 98 non faceva alcuna differenza.", Fernando León De Aranoa.


È la poetica delle piccole cose in chiave comico-grottesca, quella nascosta in questo magnifico film del regista e sceneggiatore spagnolo Fernando León De Aranoa tratto da Dejarse Llover, il romanzo intimista e ironico della cooperante spagnola Paula Farias.

Si tratta di un film on the road che fotografa con un’ironia amarognola gli orrori e l'insensatezza di un conflitto dimenticato (o rimosso) dagli europei, quello nell'ex Jugoslavia, un conflitto così vicino a noi, geograficamente, e anche nel tempo, ma su cui è stata stesa un'imbarazzata cortina di silenzio. Un racconto realistico ed emblematico insieme, in cui Aranoa alterna con abilità momenti leggeri a momenti tristi, grazie a una trama ricca di deviazioni.

Ambientata nei Balcani nel 1995, verso la fine della guerra e l'inizio degli accordi di pace, la pellicola racconta le disavventure di un gruppo di operatori umanitari impegnati a mettere un po' d'ordine nel caos della guerra, perché anche se gli accordi di Dayton sono vicini, c'è ancora tanto lavoro da fare per tornare a una pseudonormalità.

Gli "idraulici della guerra" in questo caso sono i cooperanti di una associazione internazionale e il loro interprete locale, dei veri e propri antieroi arrivati nei Balcani semplicemente per fare del ‘bene’, come se ci fosse ancora spazio per il bene, per l’umanità, la generosità nella crudeltà cinica delle guerre. Tra ideali umanitari, abitudine, utopie e mancanza di alternative, porteranno alla luce tutto il grottesco del conflitto.

I due veterani del gruppo sono Mambru (un Benicio del Toro in gran forma), il capo della sicurezza portoricano dallo sguardo sempre irridente e dal fascino burbero che sta per rientrare finalmente a casa, e lo statunitense B (Tim Robbins), un tipo cinico e lunare che invece la sua casa non sa nemmeno più dove stia e non saprebbe più dove andare e cosa fare se non ci fossero quelle operazioni umanitarie in terre disastrate.

Insieme a loro ci sono Sophie (Mélanie Thierry), la cooperante francese alle prime armi, ancora integra e piena di voglia di lottare per i propri ideali anche se in piena perdita d'innocenza dinanzi alle brutture della guerra, e la bella Katya (Olga Kurylenko), una russa con una relazione con Mambru alle spalle che ha il compito di controllare il loro operato e dalla cui valutazione dipende il prolungamento della missione.

Al gruppo si aggiungono due personaggi del posto: l’interprete Damir (Fedja Stukan), stretto tra il desiderio di collaborare e i pericoli a cui espone sé e i propri conoscenti, e Nikola (Eldar Residovic), un ragazzino di appena 9 anni che porta con sè le atrocità della guerra.

Vedendo questo film si sorride e molto, ma gli argomenti trattati sono seri.
L'obiettivo della missione, apparentemente semplice, è rimuovere un cadavere grande e grosso che è stato gettato in uno dei pochi pozzi della zona, rendendolo inutilizzabile.
Il problema è che l'unica corda di cui dispongono si è spezzata e trovarne un'altra si rivela un'impresa epica.
La ricerca della corda si trasforma infatti, in una tragicomica, esilarante caccia al tesoro da un villaggio all’altro, tra l'ostilità dei locali, i conflitti etnici, le mine seminate ovunque, contraddizioni burocratiche, carcasse di mucche minate messe lungo la strada per far saltare in aria i veicoli, case pericolanti e altre minacce.

La buona volontà dei cooperanti finisce inesorabilmente per scontrarsi con una realtà fatta di regole insulse e protocolli da seguire e viene beffata dal caso. Non a caso, l’ultimo sorriso viene regalato dall’ironia della sorte, in un bellissimo finale sotto la pioggia in cui nessuno crede più nei sogni, quindi nessuno scalpita nel vederli infranti.
Un film senza fronzoli e senza piagnistei che sa farsi apprezzare pienamente: anche filmando autentiche missioni umanitarie, Aranoa è riuscito a dare verità alla cronaca amalgamando sapientemente dramma e umorismo, serietà e leggerezza, gravità e ironia, impegno e divertimento, creando così un magico equilibrio.
L'impianto teatrale del film, con molte battute fulminanti, riesce poi a dare vita a un racconto eroicomico dai toni picareschi e dai dialoghi eccellenti, mentre la regia riesce a governare sapientemente immagini, tempi e ritmi del racconto che balzano davanti agli occhi tutti casuali, tutti inaspettati. Buona anche la sceneggiatura, astuta nel suo minimalismo e perfetta la colonna sonora che sottolinea la tensione del racconto passando dai Ramones ai Gogol’ Bordello, fino a una bellissima There Is No Way di Lou Reed.
Una curiosità: le riprese sono state effettuate tutte in Spagna. Nonostante questo, la fotografia di Alex Catalán dà a queste traversate un tocco western difficile da dimentcare.

Un film davvero necessario, un omaggio a tutti quegli antieroi che senza falsi pacifismi aiutano le popolazioni devastate dalla guerra, una denuncia di come ogni conflitto abbia i suoi profitti e profittatori, una frecciatina indiretta contro l'incapacità ad agire dei dispositivi internazionali (in primis i caschi blu dell'Onu).

lunedì 9 novembre 2015

Le Particelle Elementari, tra erotomania e erotofobia


Regia: Oskar Roehler
Cast: Moritz Bleibtreu, Christian Ulmen, Martina Gedeck, Franka Potente, Nina Hoss
Genere: Drammatico
Durata: 113 min
Uscita nelle sale: venerdì 21 aprile 2006.








Viviamo sotto lo stimolo di pulsioni sessuali irrefrenabili, per cui il sesso è veramente il motore di tutto e il centro dei nostri pensieri. Oppure viviamo l'opposto, vite "matematiche" fuori da qualsiasi pulsione vitale, prive di passione e Amore?




Tratto dal libro culto (e molto discusso) di Michel Houellebecqs "Les Particules élémentaires", Le Particelle Elementari è un film diretto da Oscar Roehler in cui viene ricreato un grottesco ritratto della società che cerca di ritrarre l’attrazione e la repulsione degli elementi sesso e amore.

I due protagonisti, Michael e Bruno, sono fratellastri, che non potrebbero essere più diversi e che possiamo quasi considerare "agli antipodi" . L' unica cosa che gli accomuna è l'esser stati abbandonati da piccoli da una madre hippie in cerca del piacere più sfrenato.
Se Bruno è attraversato continuamente da turbe sessuali impressionanti ed è profondamente razzista, Michel ha atteggiamenti sessuofobici, tanto da essere interessato soltanto alla scienza e alla sua teoria della bellezza della riproduzione asessuata.

Insomma, tanto dirompente e autodistruttivo è uno, quanto trattenuto e freddo l'altro.
Accomunati dall'infelicità delle proprie esistenze, il primo scoprirà il sesso di gruppo insieme alla donna di cui si innamorerà, mentre il secondo vivrà una tragedia con una ex compagna di scuola di cui si innamorerà.

Solo per alcune frazioni di secondo il cinismo e l'assoluta freddezza vengono un po' mitigati: ad esempio nella colonna sonora o nei ricordi, in quei flashback in cui il colore prende vita, come se solo nel ricordo fossimo veramente capaci di raggiungere quello che nella vita di tutti i giorni non abbiamo la forza di vivere.

Nel cast ritroviamo tutta la meglio gioventù della recitazione tedesca: Martina Gedeck (Le vite degli altri, la Banda Baader Meinhof), Franka Potente (Lola Corre, i Bourne, i Che) e Moritz Bleitbreu (Munich, Soul Kitchen e il The Experiment )
Un dramma, con tinte anche grottesche e divertenti, fatto di persone e dei loro rapporti, con ottimi gli attori, nonostante la complessità dei personaggi, un collage di esistenze che si trascinano infelici.

Da vedere, perchè a noi le situazioni un po' assurde, al limite del ridicolo, piacciono!

"PELLE" di Erica Zanin

"PELLE" di Erica Zanin
Un romanzo in vendita su www.ilmiolibro.it

"PELLE", il mio primo romanzo che consiglio a tutti!

Siamo nella Milano dei giorni nostri, in quella zona periferica che da Greco conduce a Sesto San Giovanni. In un autobus dell'ATM, un autista, ormai stanco del suo lavoro, deve affrontare una baby gang che spaventa i suoi passeggeri. Si chiama Bruno ed è uno dei tanti laureati insoddisfatti costretti a fare un lavoro diverso da quello da cui ambivano: voleva fare il giornalista e invece guida l'autobus nella periferia di Milano. Ma non gli dispiace e non si lamenta. E' contento lo stesso: è il re del suo autobus e i suoi passeggeri sono solo spunti interessanti per i racconti che scrive. Li osserva dallo specchietto retrovisore, giorno dopo giorno, li vede invecchiare, li vede quando sono appena svegli e quando tornano dal lavoro stanchi morti, e passa il tempo ad immaginarsi la loro vita. Finché nella sua vita irrompe Margherita, con la sua vita sregolata, con i suoi problemi di memoria, con i suoi segreti. E tutto cambia. Fuori e dentro di lui.